Si celebra oggi in tutto il mondo la Giornata per la lotta all’Aids, per ricordare all’opinione pubblica mondiale che questa grave epidemia è lontana dall’essere stata sconfitta e miete ogni anno milioni di vittime.
L’Aids, Sindrome da Immuno Deficienza Acquisita, è una malattia causata dal virus retroattivo dell’Hiv (Virus dell’Immunodeficienza Umana), che attacca i linfociti CD4 e rende più esposto il sistema immunitario a infezioni e attacchi virali di altro genere, che causano la morte per complicazioni.
Secondo un rapporto diffuso recentemente dall’Onu, nel mondo sarebbero circa quaranta milioni i sieropositivi, con cinque milioni di nuovi contagi e tre milioni di decessi ogni anno.
Una vera e propria piaga sociale, che colpisce soprattutto i Paesi sottosviluppati dell’Africa, dove la percentuale di stupri e di rapporti non protetti è talmente alta da favorire il contagio ad una velocità allarmante, mettendo a rischio soprattutto l’incolumità dei bambini che, appena nati, risultano già infettati dal virus, trasmesso dalla madre, e hanno un destino di sofferenza segnato.
In questi Paesi, a differenza di quanto accade in America ed Europa, i farmaci e i test per diagnosticare l’avvenuto contagio sono spesso troppo costosi per permettere ai più indigenti di potersi curare e di prevenire la trasmissione ulteriore del virus.
La mancata prevenzione e l’assenza di profilassi espandono l’Aids a macchia d’olio. Spesso inconsapevoli di aver contratto la malattia, i sieropositivi infettano altre persone sane tramite rapporti sessuali non protetti, l’uso di siringhe in comune, trasfusioni del sangue non controllate, in un meccanismo di reazione a catena che rende difficile arginare il virus.
Un allarme sulla situazione dei bambini africani sieropositivi è stato lanciato dal presidente dell’Unicef, Vincenzo Spadafora, nel rapporto Bambini e Aids, denunciando la mancanza di test del Dna che aiutino a diagnosticare in tempo la trasmissione della malattia da madre a figlio, grave lacuna nei dispositivi di diagnostica medica che provoca la morte di milioni di bambini ogni anno. Come fa notare lo stesso Spadafora:
Non sapere di aver contratto l’Hiv significa non poter iniziare la terapia in grado di rallentare il decorso dell’infezione e garantire una buona qualità di vita, mentre per le donne in gravidanza vuol dire non poter prendere tutte le misure necessarie per prevenire la trasmissione del virus ai propri figli. Nel 2007 solo il 18% delle donne in gravidanza nei Paesi a basso e medio reddito ha effettuato il test dell’Hiv. Servono politiche efficaci ed un maggiore impegno finanziario per garantire un futuro a questi bambini.