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Virus Zika, diagnosi in feto

Una diagnosi di virus Zika in un feto affetto da microcefalia è avvenuta lo scorso 24 marzo e notificata ora dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il piccolo non nato è proveniente dalla Martinica: a quali conclusioni ci porta questo fatto?

La diagnosi di microcefalia è avvenuta alla 22 esima settimana circa e sia il sangue del bambino che il liquido amniotico nell’utero sono risultati positivi alla presenza del virus. Sottoposta a più analisi nel corso del periodo dicembre 2015-febbraio 2016, la donna è stata trovata positiva a diverse tipologie di flavivirus: all’interno del suo organismo sono stati riscontrati anticorpi sia relativi allo Zika sia al virus chikungunya. Per tal motivo le è stato suggerito di intraprendere un aborto terapeutico. L’OMS non ha specificato sul suo sito se poi l’interruzione di gravidanza sia effettivamente avvenuta: quel che però è importante ricordare è che si tratta del primo caso di virus Zika diagnosticato in un feto affetto da microcefalia e consente di avere una documentazione prospettiva importante dell’infezione che coinvolge sia la madre che il bambino. Le tempistiche con le quali il feto è risultato affetto, secondo gli esperti, sono un’ulteriore prova di come contrarre il il virus Zika nelle primi fasi della gravidanza sia associabile con un maggiorato rischio di sviluppo di microcefalia.

In attesa di avere ulteriori prove a riguardo grazie ad uno studio molto ampio dedicato a virus ed ai suoi effetti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità spinge affinché venga attuata una valida prevenzione contro l’infezione. Il vettore principale di questa malattia, va ricordato, è una zanzara: onde evitare il crescere dei contagi è bene agire prima di tutto eliminando i fattori che possano causare un incremento degli esemplari della stessa. In contemporanea diventa primario rendere il meno frequenti possibile i contatti tra insetti e esseri umani. Come? Favorendo l’utilizzo di repellenti topici per la pelle e disinfestazioni dove possibile, accompagnati da una particolare attenzione all’attività sessuale nelle zone nelle quali la patologia è endemica: sebbene il rischio di trasmissione in tal modo sia basso non deve essere ignorato.

Fonte | OMS

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