La pedofilia ha una base genetica? E’ una di quelle domande da “un milione di dollari” che potrebbe determinare una risposta dai complicati e drammatici risvolti, ma forse anche un’ipotesi di cura o di prevenzione. Uno studio scientifico italiano appena pubblicato sulla rivista internazionale Biological Psychiatry e presentato oggi un apertura del 42° Congresso della Società Italiana di Neurologia, afferma che sì, la pedofilia può avere una base genetica.
Vi spieghiamo il tutto attraverso le parole del professor Lorenzo Pinessi Direttore Clinica Neurologica II, Università di Torino –Ospedale Le Molinette coordinatore della ricerca scientifica che ha condotto alla scoperta:
“Il tutto è nato con l’osservazione di un nostro paziente che ha incominciato a manifestare pedofilia eterosessuale all’età di 50 anni verso la propria figlia di nove anni ed è poi andato incontro a demenza fronto-temporale: tale analisi ci ha consentito di identificare una mutazione del gene della progranulina, localizzato sul cromosoma 17. La progranulina è un fattore di crescita che regola numerose funzioni, tra cui lo sviluppo della differenziazione sessuale del cervello dalla vita intrauterina fino all’età adulta e la sua associazione a una devianza apre nuovi orizzonti: per la prima volta, infatti, l’anomalia di un gene è stata posta in correlazione con una disfunzione della condotta, che rimane tuttora di drammatica attualità.”
Ma cosa è la pedofilia dal punto di vista medico scientifico?
Si tratta di un disturbo dell’eccitazione sessuale che si palesa con un’attrazione erotica nei confronti di bambini, essenzialmente in età prepuberale. A volte questa disturbo può rimanere delimitato al desiderio, ma in altri casi sfocia in azioni, dal tentativo di seduzione, all‘esibizionismo, sadismo, feticismo o pratica sessuale. Il DSM IV, (il sistema di classificazione più usato in psichiatria) include la pedofilia tra le parafilie, ovvero tutte quelle forme di eccitazione sessuale legate a stimoli che per la società comune sono anomali. E la società finora ha determinato prepotentemente la definizione di pedofilia. Spiega ancora Pinessi:
“La pedofilia è considerata un tratto multifattoriale in cui entrano in gioco aspetti mentali, istituzionali, di educazione sessuale, di violenza e di controllo delle pulsioni. Le sue basi neurobiologiche sono, a tutt’oggi, scarsamente conosciute”.
La pedofilia con predisposizione genetica….dalla bioetica alla prevenzione?
“Questo caso clinico,acquista una rilevanza inimmaginabile non soltanto sul versante clinico ma anche sotto il profilo sociale e psico-comportamentale e invita a promuovere ulteriori studi in questa direzione. Non si può infatti escludere che, oltre alle influenze ambientali, la predisposizione genetica possa condizionare in maniera rilevante l’orientamento sessuale e più in generale il comportamento di un individuo. Non è poi casuale che la progranulina sia coinvolta anche nella demenza fronto-temporale. Questa nostra scoperta solleverà importanti questioni anche in ambito bioetico, terapeutico e preventivo. La ricerca torinese è il punto di partenza e richiederà nuovi studi per estendere i risultati”.
Un caso unico è sicuramente interessante e merita approfondimenti, ma forse un pochino troppo poco per parlare già di soluzioni terapeutiche, a mio modestissimo parere: magari! E voi cosa ne pensate? Partecipate al nostro sondaggio:
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[Fonte: SIN]