Tra mille polemiche si celebra oggi la prima Giornata Nazionale sullo Stato Vegetativo. Voglio sorvolare però sulla questione della scelta della data che ha volontariamente coinciso con la morte di Eluana Englaro oppure sul dibattito che riguarda l’accanimento terapeutico ed il biotestamento. Vorrei arrivare oltre, ad una riflessione da fare tutti insieme, basata sulla comprensione dei termini e dunque della condizione vegetativa per puntare l’attenzione su quanti ancora, pazienti e famiglie, lottano quotidianamente con lo Stato Vegetativo o quello di Minima Coscienza: devono essere loro i protagonisti di questa giornata.
La scienza, i media e dunque l’opinione pubblica avevano nel passato l’abitudine di assimilare lo Stato Vegetativo all’aggettivo “permanente”. Oggi non è più così. Alcuni casi (benché rari) documentati come quasi miracolosi o diagnosi errate hanno dimostrato anche dopo 10 anni che lo stato vegetativo non può essere definito “irreversibile” a priori. Difficilmente i medici usano più questa terminologia ed è ora che cambi anche la visione generale della questione, da parte di tutti. E’ chiaro che bisogna capire di cosa si parla. Lo stato vegetativo è diverso dal coma. Queste persone, colpite da un ictus o molto più spesso vittime di un grave incidente stradale, non hanno bisogno di macchine per respirare (non c’è spina da staccare), mantengono il ritmo sonno veglia, aprono e chiudono gli occhi ed hanno dei movimenti involontari. Sembra (ma non se ne è certi) che non vi sia contatto con l’ambiente esterno, consapevolezza di ciò che accade, a differenza dello Stato di Minima Coscienza o peggio ancora forse, della Sindrome del Locked-In (prigioniero dentro), in cui si è in un apparente stato vegetativo, causato dalla totale immobilità, mentre si percepisce tutto, anche il dolore e le emozioni.
Si può rimanere in queste diverse condizioni post coma per molto tempo, oppure solo per alcuni mesi, per poi cominciare una rinascita, un ritorno, grazie a fisioterapia, riabilitazione motoria, all’amore dei familiari e a tante altre forme di assistenza e stimoli. Una dura battaglia quotidiana, difficile da affrontare e da accettare. E’ di questo che bisogna parlare in tale giornata. Occorre ricordare ciò che è scritto nel libro bianco sullo stato vegetativo realizzato dalle associazioni che vivono da sempre tale situazione: pensate che il servizio sanitario nazionale nelle sue LEA (Linee Essenziali di Assistenza) ancora non contempla queste forme di disabilità grave!!!
Bisogna parlare del fatto che alcune famiglie possono ad un certo punto portare a casa i loro cari e continuare qui l’ assistenza, ma vanno supportate in tutto e per tutto: non abbandonate. Oppure si può stabilire di far vivere il proprio congiunto in una RAI (Residenza Assistenziale Intensiva). Ma quante ve ne sono sul territorio? A Roma proprio in questi giorni 9 pazienti hanno ottenuto un ambiente idoneo presso l’Ospedale Forlanini. Era più di un anno che aspettavano. Oggi parliamo di loro. Non di altro.
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