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Il deficit di attenzione

Fare “mente locale”, con­centrarsi, cogliere il punto centrale di una questione e magari arrivare ra­pidamente ad una decisione sono cose che nel lavoro e nello studio ci vengono chieste ogni giorno. Ma ci sono periodi in cui sembra che l’attenzione non voglia fer­marsi e ciò che si è appena letto non voglia proprio rimanere im­presso nella memoria. Che fare? Rimedi miracolistici non ce ne sono: le performance mentali non si possono certo migliorare schioccando le dita. Eppure ci sono alcuni fattori che influenzano la ca­pacità di concentra­zione. Possono apparire banali, e così si finisce per non dare loro il giu­sto peso.

In realtà possono fare parecchio. Anzitutto bisognerebbe allonta­nare fonti di stress e ansia, ma questo purtroppo spesso non di­pende da noi. Peraltro, nei mo­menti di superlavoro o quando ci sembra di non avere tempo, tendiamo a ridurre le ore di sonno. Non è una buona strategia: da un lato la “velocità” con cui ragionia­mo diventa più lenta, dall’altro buona parte di ciò che sul mo­mento crediamo di aver memoriz­zato svanirà in poche ore perché il sonno facilita la fissazione nella memoria a lungo termine delle esperienze. Per vincere un mo­mento di stanchezza, un caffè può dunque andare bene, ma pensare di passare una notte in bianco per risolvere un problema è una strategia perdente.

I fumatori sostengono che una boccata di sigaretta li aiuta a con­centrarsi. Non è proprio così: se è vero che la nicotina è uno stimo­lante cerebrale, i suoi effetti sono completamente annullati dal fatto che il fumo abbassa il livello di os­sigeno nel sangue per un tempo più lungo della durata della siga­retta. Inoltre, il monossido di carbonio che si introduce a ogni boccata mette ko i globuli rossi, ri­ducendo ulteriormente l’ossigeno disponibile. L’ideale è fare una breve interruzione con una pas­seggiata all’aria aperta, che allen­ta la tensione e migliora l’ossigenazione dei sangue. Ancora meglio se quella di fare un po’ di moto durante il giorno diventa un’abi­tudine quotidiana. Per capire quanto sia importante l’ossigena­zione basta un dato: il cervello è all’incirca il due per cento della nostra massa corporea, eppure riesce a consumare ben il 25 per cento di tutto l’ossigeno bruciato dall’organismo.

Quando il glucosio nel sangue è a livelli ridotti, l’efficienza delle no­stre prestazioni cala immediata­mente perché il cervello è costret­to a funzionare con meno “car­burante”. Diversi esperimenti condotti su gruppi di giovani -dai bambini alle elementari fino a stu­denti universitari- hanno dimo­strato che quelli che saltavano la prima colazione o non la faceva­no abbastanza ricca, commette­vano sistematicamente più errori nei test a cui venivano sottoposti di quanti ne facevano quelli che avevano mangiato correttamente. Il glucosio, d’altra parte, non si li­mita a fornire l’energia necessaria al cervello, ma partecipa anche ai processi di produzione di una so­stanza cerebrale essenziale per la comunicazione tra i neuroni e per la memorizzazione, l’acetilcolina. La produzione di questo elemento richiede anche qualcos’altro: la vi­tamina B1.

A quasi tutti noi è capitato di os­servare in inverno piccioni che camminano con un’aria da ubria­chi, faticando a tenere testa e collo eretti; ebbene sono gli effetti sul sistema nervoso della carenza di vitamina B1, spesso scarsa nel cibo che riescono a procurarsi nella cattiva stagione. Oggi nell’uomo è ben difficile ri­scontrare carenze così gravi, tutta­via il diffuso ricorso ad alimenti ricchi di calorie, ma poveri di vitamine, fa sì che, secondo le cifre comunicate al Simposio Interna­zionale di Vitaminologia tenutosi a Roma la scorsa primavera, in Ita­lia sarebbero quasi 20 milioni le persone a rischio di qualche defi­cienza vitaminica.

Un corretto apporto di vitamina B1 -per esempio, con pane inte­grale o cereali a colazione, e legu­mi secchi, carne di maiale o fega­to ai pasti- può incidere significati­vamente sull’ottimizzazione delle prestazioni mentali della giornata. Perché questa vitamina è una di quelle che non si ac­cumulano nell’organismo, non riusciamo a fare le scorte, e richiede un apporto pressoché quotidiano. Una caratteristica co­mune a tutte le vitamine del grup­po B, che sono poi quelle con un maggiore impatto sul funziona­mento del sistema nervoso.

Un’altra vitamina di questo grup­po, essenziale per il cervello, è la B12: diversi studi scientifici hanno mostrato che una supplementa­zione di questa sostanza consente un miglioramento delle prestazio­ni cognitive e della capacità deci­sionale, soprattutto negli anziani, nei quali rallenta l’insorgenza di eventuali segni di decadenza mentale. La sua azione è poten­ziata dall’assunzione di tutte quel­le del complesso B e della vitamina C. All’efficienza mentale contribui­scono peraltro anche altri micro­nutrienti: il ferro (coinvolto nel trasporto dell’ossigeno), lo iodio, il fosforo (presente nel pesce, nei formaggi e nella cioccolata) e gli acidi grassi omega 3, costituenti essenziali delle membrane cellula­ri, di cui sono particolarmente ric­chi i tessuti cerebrali.

Fonte http://www.consumercare.bayer.it/ebbsc/export/sites/cc_it_internet/it/Sapere_and_Salute/articoli/Febbraio_2010/10_Psiche.pdf