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Attenzione al pesce crudo, è rischio anisakis

 Mangiare pesce crudo mette a rischio di contrarre l’anisakis, un parassita appartenente alla stessa famiglia degli ascaridi, i vermi tipici dell’infanzia che vengono trasmessi nelle comunità. Allo stadio adulto, albergano nei mammiferi marini (ospite abituale), mentre le larve possono trovarsi nelle carni dei pesci ed accidentalmente parassitare anche l’uomo (ospite accidentale) attraverso l’ingestione di pesce crudo o poco cotto contaminato. L’anisakis è visibile ad occhio nudo anche se occorre particolare attenzione per individuarlo essendo molto sottile ed arrotolato su se stesso: è bianco-rosato, facilmente confondibile col colore delle carni.

Ipoteticamente tutti i prodotti ittici sono a rischio di contaminazione, pur essendo alcune specie favorite dalle larve come ospite intermedio. Particolare attenzione va quindi posta per: pesce sciabola, lampuga, pesce spada, tonno, sardine , aringhe, acciughe, nasello, merluzzo, rana pescatrice, molluschi, cefalopodi, sgombro ed alici. Ma quali sono effettivamente i rischi per la salute? Ce li spiega il dott. Mario Francesco Iasevoli, Medico Chirurgo dell’Unità Operativa Complessa – Endocrinologia del II Policlinico di Napoli.

“Dal punto di vista patologico l’anisakis può determinare problemi di natura gastrointestinale e non solo. Il parassita infatti penetra all’interno della mucosa gastrica e qui continua il suo ciclo vitale. Il suo metabolismo rilascia nello stomaco, ma anche in circolo, sostanze tossiche ed allergeniche. La forma acuta si verifica dopo 12 ore dall’ingestione del pesce contaminato ed è caratterizzata da febbre blanda occasionale, vomito, diarrea, dolori gastrointestinali. E’ la patologia più frequentemente causata dal patogeno che si risolve spontaneamente in 48 ore e richiede esclusivamente un trattamento sintomatico. Dopo di che il parassita ormai morto, viene eliminato con le feci.”

A volte però sopravvive….

“Nel 30% delle forme gastrointestinali l’anisakis dopo la fase acuta, continua a sopravvivere al di sotto della mucosa gastrica ed a rilasciare sostanze tossiche ed antigeniche, determinando una gastrite cronica e, nei soggetti predisposti, forme allergiche con manifestazioni varie. In questo caso è necessario una diagnosi che miri ad individuare il parassita. Una gastroscopia lo individua al 100%, mentre una diagnosi di probabilità si effettua dosando le IgE totali (elevate) e quelle specifiche anti anisakis.

La gastrite da anisakis sintomatologicamente è identica da altre forme di natura diversa: bruciore epigastrico, dispepsia, dolore epigastrico ecc. Le complicanze sono le stesse di altre forme di gastriti: ulcera antrale con rischio di perforazione. Inoltre l’infiammazione cronica può causare la formazione di un granuloma eosinofilo, cioè una piccola massa che erode la mucosa e può anch’essa causare perforazione.

La terapia è essenzialmente endoscopica, con l’escissione della mucosa e l’eliminazione del parassita tramite pinze. Nelle forme sistemiche a volte risulta efficace un farmaco antiparassitario: l’albendazolo. Esistono poi forme intestinali più rare, causate dalla  migrazione del parassita nell’intestino che in genere viene eliminato senza dare sintomi;raramente un gran numero di parassiti posso causare fenomeni occlusivi o sub occlusivi che richiedono trattamento endoscopico di urgenza per eliminare il gomitolo di vermi formatosi”.

Attenzione dunque al pesce crudo e se lo avete consumato ed in caso di sintomi gastrointestinali, ricordate di avvisare il medico.