Sindrome premestruale: si cura con i grassi polinsaturi

La sindrome premestruale è un disturbo purtroppo molto frequente nelle donne. Anche se con  intensità variabile a seconda dei casi, solitamente tale sindrome altera in modo negativo la qualità della vita di chi ne è colpito. Mal di pancia, dolore ai reni, stanchezza, disturbi del sonno, ma soprattutto irritabilità: sono questi i sintomi più comuni della PMS cioè della sindrome premestruale.

Per trattarla, laddove i disturbi non siano eccessivi si usano solitamente dei rimedi naturali. Quando invece sono molto invalidanti occorre utilizzare dei farmaci, il principale dei quali è la pillola anticoncezionale. Ma ora un nuovo medicinale potrebbe essere immesso sul mercato: uno studio appena pubblicato sulla rivista Reproductive Health e realizzato da alcuni ricercatori dell’Università Federale di Pernambuco (Brasile) ha individuato e testato una nuova pillola contenente un mix di acidi grassi polinsaturi.

Prevenzione di infarto e ictus

Infarto e ictus sono le principali cause di morte nei Paesi occidentali, circa il 30 per cento del totale. E sono chiamate, a ragione, “killer silenziosi” perché nella maggioranza dei casi insor­gono senza dare il minimo segnale d’allarme. Ma sono anche patologie in gran parte evitabili adottando stili di vita adeguati. Secondo il dottor Ciappellano

«Tra i fattori di rischio modificabili, le abitudini alimentari svolgono un ruolo importantissimo nelle pato­logie cardiovascoiari».

 Gli elementi chiave sono il colesterolo e i grassi saturi: quello assunto con la dieta, in particolare mangiando cibi ricchi di grassi animali (carne, burro, sa­lumi, formaggio), dovrebbe essere pochissimo. Il nostro organismo è infatti in grado di produrre da se il colesterolo che serve, in particola­re all’interno del fegato.

 «L’ abitu­dine di introdurre alimenti che ne sono ricchi comporta un suo più facile accumulo e ciò, a lungo andare, compromette la salute dei arterie».

Integratori per il cuore nei processi di invecchiamento

A quanto sostengono gli specialisti, l’essere umano è programmato per vivere 120 anni (è scritto nel nostro Dna) e il solo problema è come arrivare a questo traguardo. Per fortuna, la moderna ricerca scientifica sembra aver individuato precise regole: riduzione delle calorie, individuazione del giusto apporto di nutrienti (proteine, grassi, carboidrati), attività fisica e aumento dell’assunzione di antiossidanti.

È così che si combattono quei fattori che hanno ormai assunto un posto di rilievo nello studio dei processi dell’invecchiamento, vale a dire i radicali liberi: veri e propri killer delle strutture cellulari considerati responsabili dell’aterosclerosi (e quindi delle malattie cardiovascolari) nonché di tutte le malattie degenerative, dell’invecchiamento e, forse, anche del cancro.

Le statine non sarebbero efficaci per chi soffre di scompenso cardiaco

A tutti coloro che soffrono di uno scompenso cardiaco cronico, la notizia non farà certo piacere: le statine, i farmaci anti-colesterolo più popolari, non fanno nulla. Nè un giovamento nè un danno: semplicemente, non hanno influenza su indici importanti quali il tasso di mortalità.

I derivati dell’olio e del pesce, invece, riescono ad incidere e, seppur in minima parte, a diminuirla. Questa la sentenza emessa dagli ultimi due studi recentemente pubblicati su “Lancet” dai cardiologi italiani del gruppo Gissi, che da anni studiano ogni possibile sfaccettatura delle principali malattie cardiovascolari e della loro prevenzione.