Sono sempre di più gli italiani che ne soffrono, circa il 10% secondo le stime più recenti, con un’incidenza doppia per le donne rispetto agli uomini. Stiamo parlando dei disturbi da panico, comunemente noti come attacchi di panico. Un attacco di panico è definibile come un momento, di durata variabile (in media dai 2 ai 30 minuti), di paura e disagio intenso, con sintomi improvvisi quali: sudorazione, tremore, nausea, vertigini, iperventilazione, tachicardia e senso di soffocamento. Apparentemente, l’attacco di panico non è scatenato da alcun fattore, ma si verifica in maniera improvvisa, spesso in luoghi troppo aperti o troppo chiusi, lontano dagli ambienti familiari, nel traffico o in luoghi affollati, il che ha fatto presupporre un’associazione con altri disturbi, quali agorafobia, claustrofobia, ipocondria e fobie sociali.
Ma non sempre è così. Una caratteristica da non sottovalutare in questi casi è che ci troviamo di fronte ad un circolo vizioso: i sintomi fisici sono insieme causa ed effetto di quelli psichici. Spesso chi sperimenta un attacco di panico è soggetto a subirne altri in seguito o comunque a soffrire di disturbi d’ansia per la paura di andare incontro ad altri episodi simili in futuro.
La maggior parte delle persone che soffrono di tali disturbi manifesta una forte paura di morire o impazzire, o comunque perdere lucidità e controllo delle proprie azioni. A causa dell’ansia generata da tali attacchi, si tende ad evitare situazioni e luoghi in cui essi si sono verificati in precedenza, secondo ciò che viene definito con il nome di “paura anticipatoria“. Nei casi più gravi è possibile che gli attacchi di panico si cronicizzino, e questo a volte porta, da parte di chi ne soffre, a condurre una vita di totale isolamento per evitare situazioni potenzialmente pericolose.