La sindrome di Down, nota anche con il nome di Trisomia 21, fu descritta per la prima volta nel 1866 dal medico inglese John Langdon Down. Fu invece il genetista francese J. Le Jeune ad individuare, nel 1959, la causa della sua insorgenza in un’anomalia del cromosoma 21.
Più precisamente esistono tre tipi di anomalie cromosomiche (tutte riguardanti comunque il cromosoma 21) che hanno come risultato finale la Sindrome di Down: nel 95% dei casi sono presenti in ogni cellula dell’organismo tre cromosomi 21 (uno in più del normale), un numero piuttosto esiguo di individui invece presenta una forma a mosaico della sindrome, per cui solo alcune cellule hanno tre copie del suddetto cromosoma, infine, altrettanto raramente, la Trisomia 21 è causata da un’anomalia cromosomica definita traslocazione robertsoniana in cui un frammento del cromosoma 21 si congiunge con un altro cromosoma, in genere il 14 o il 22. Gli individui portatori di questa anomalia sono sani ma hanno una probabilità elevata di generare un figlio affetto da Sindrome di Down (si parla in questo caso di Sindrome di Down familiare).
Le persone affette da questa Sindrome presentano tratti somatici caratteristici quali viso rotondo, naso corto, occhi di taglio orientale, ponte nasale stretto, epicanto (piega cutanea all’angolo interno dell’occhio), orecchie piccole, dita e collo tozzi, statura inferiore alla media. La sindrome include anche complicanze mediche quali cardiopatie, maggiore suscettibilità alle infezioni a causa di un deficit parziale delle difese immunitarie, predisposizione alla leucemia, problemi di vista e di udito, anomalie della colonna vertebrale, ipotonia muscolare. Sono presenti ritardo mentale e problemi di linguaggio.
In passato, soprattutto a causa delle complicanze cardiache, l’aspettativa di vita degli individui con Sindrome di Down non era molto elevata. Attualmente, grazie ai progressi della cardiochirurgia e della medicina in generale, essa si è innalzata notevolmente con un numero sempre crescente individui che giungono fino all’anzianità. Anche la qualità della loro vita è migliorata significativamente, aspetti problematici della Sindrome possono infatti essere affrontati efficacemente attraverso adeguati e precoci interventi educativi e di riabilitazione attuati sin dalla prima infanzia. Un bambino seguito adeguatamente da operatori specializzati (logopedista, psicomotricista, neuropsichiatra infantile) sin dai primi mesi di vita e cresciuto in un ambiente familiare stimolante e accogliente ha ottime probabilità di diventare un adulto sufficientemente autonomo e inserito socialmente. Sono moltissime le persone con Sindrome di Down che frequentano la scuola, praticano sport e svolgono un lavoro oltre ad avere una buona vita di relazione.
Si stima che in Italia vi siano crica 40000 persone affette da Trisomia 21 con 800 nuovi nati ogni anno. L’incidenza della Sindrome è costante del tempo e in tutte le popolazioni.
La diagnosi prenatale è possibile attraverso l’amniocentesi intorno alla sedicesima settimana di gestazione, o mediante villocentesi intorno alla dodicesima settimana. Esistono inoltre diversi test di screening come il Tri-test, la Translucenza nucale e i cosiddetto Test combinato che permettono di individuare le madri a rischio per le quali è consigliato sottoporsi ad amniocentesi o villocentesi. Questi ultimi sono accertamenti invasivi che presentano un rischio di aborto pari allo 0,8% per l’amniocentesi e all’1,5% per la villocentesi. Attualmente il fattore di rischio più importante individuato per l’insorgenza della Sindrome è rappresentato dall’età materna. Meno giovane è la madre più elevato è il rischio che nasca un bambino con Sindrome di Down.
La diagnosi prenatale è possibile attraverso l’amniocentesi intorno alla sedicesima settimana di gestazione, o mediante villocentesi intorno alla dodicesima settimana. Esistono inoltre diversi test di screening come il Tri-test, la Translucenza nucale e i cosiddetto Test combinato che permettono di individuare le madri a rischio per le quali è consigliato sottoporsi ad amniocentesi o villocentesi. Questi ultimi sono accertamenti invasivi che presentano un rischio di aborto pari allo 0,8% per l’amniocentesi e all’1,5% per la villocentesi. Attualmente il fattore di rischio più importante individuato per l’insorgenza della Sindrome è rappresentato dall’età materna. Meno giovane è la madre più elevato è il rischio che nasca un bambino con Sindrome di Down.
In Italia sono attive diverse Associazioni di persone con Sindrome di Down e dei loro familiari, che offrono, fra l’altro, servizi di sostegno informativo e sono attive in progetti di promozione sociale.