Finora si era sempre sospettato che l’inquinamento dei fiumi e dei mari potesse portare a problemi “sessuali” negli uomini. In particolare si poteva immaginare come gli agenti chimici che ogni giorno spargiamo nelle acque di tutto il mondo andassero ad intaccare la fertilità maschile, rendendo complicata la procreazione negli individui colpiti.
Secondo una ricerca inglese adesso questi sospetti sono diventati realtà. Più precisamente si è voluto osservare l’effetto di determinati agenti chimici sui pesci. Si è potuto rilevare come i primi risultati portavano ad un blocco nella produzione di testosterone, facendo funzionare gli agenti chimici come anti-androgeni, cioè “femminizzavano” i pesci maschi, favorendo la proliferazione di individui femminili e dando luogo ai primi casi dei cosiddetti “pesci transessuali“, cioè quei pesci che cambiavano sesso a causa dell’inquinamento.
La ricerca è stata condotta congiuntamente dalle Università di Brunel, Exeter e Reading insieme al Centro per l’Ecologia e l’Idrologia, col contributo del Consiglio nazionale per la ricerca ambientale, ed è stata pubblicata sulla rivista Environmental Health Perspectives. Secondo questi ricercatori uno dei fattori scatenanti di questa anti-mascolinità sta nello scarico degli ormoni sessuali femminili contenuti nella pillola contraccettiva, i quali finendo nella catena alimentare, arrivavano ai pesci, i quali perdevano la loro capacità di creare testosterone, e di conseguenza avevano difficoltà a procreare.
Dal mare al piatto poi il salto è breve. Il rischio è che anche gli esseri umani ne siano coinvolti, dato che cibandosi proprio di quei pesci contaminati, potrebbero intaccare il proprio sistema ormonale, il quale subirebbe lo stesso blocco di testosterone rendendo, alla fine del ciclo, l’uomo meno fertile. L’ultimo indizio individuato dagli scienziati è il cosiddetto Tds (in italiano “Sindrome della disgenesia testicolare“), cioè un disturbo nello sviluppo dei feti dovuto all’insorgenza di diverse condizioni ambientali, tra cui prima su tutte l’inquinamento. Adesso lo studio si concentrerà maggiormente sulle fonti, perché non si tratta di un solo agente chimico a portare questi risultati, ma un mix tanto tossico quanto pericoloso, da individuare il più in fretta possibile e cercare di combattere.