Allenarsi con regolarità comporta numerosi vantaggi, anche quello di stimolare il sistema immunitario, che ha il compito di difendere l’organismo dai patogeni esterni, specialmente virus e batteri.
Questo è tanto più vero nella stagione invernale, quando il virus dell’influenza e gli agenti responsabili delle malattie da raffreddamento colpiscono e “stendono a letto” milioni di persone.
Gli sportivi hanno un’ulteriore protezione derivante dagli adattamenti provocati dall’attività fisica: l’optimum è costituito da tre sedute settimanali di attività aerobica e una di palestra con uso di modesti sovraccarichi per stimolare il tono e il trofismo muscolare. La durata di ogni sessione dovrebbe essere compresa tra 40 e 60 minuti, per permettere all’organismo un recupero completo tra una seduta e l’altra. Parliamo di adattamenti per identificare quelle modificazioni nell’organismo che si instaurano dopo almeno sei mesi di attività fisica, e che rimangono stabili per un lungo periodo (più lontano nel tempo è l’inizio dell’attività, maggiore è la loro durata quando la pratica sportiva viene sospesa); gli adattamenti devono essere differenziati dagli aggiustamenti, transitorie modificazioni che iniziano con l’allenamento e cessano al termine dello stesso.
Un aumento delle difese immunitarie costituisce un importante adattamento nell’organismo, tanto più potente e significativo nei periodi di epidemie influenzali o nelle situazioni in cui l’organismo è sottoposto all’attacco di agenti patogeni: infatti un organismo si ammala quando gli agenti eziologici delle malattie, con cui abitualmente viene a contatto, prevalgono sulle difese immunitarie.
A questo punto dobbiamo però porre delle condizioni precise: come dicevano i padri latini, in medio stat virtus, vale a dire che anche nello sport ci vuole una certa moderazione. Una cosa è l’agonismo strenuo, un’altra la pratica costante ma moderata di uno sport; aumentare il numero delle sedute o la durata di ciascuna di esse comporta un miglioramento della capacità di prestazione di un atleta, se il carico di lavoro somministrato è adeguato per qualità e intensità.
Anche in questo caso, gli adattamenti instaurati sono i responsabili del miglioramento, però,
superato un certo limite, variabile da atleta ad atleta (e dipendente dall’età, dalla lunghezza della carriera, dall’intensità degli allenamenti, dalla gradualità del carico), l’organismo è sottoposto ad uno stress, sia dal punto di vista fisico che psichico, che da positivo può determinare a volte una diminuzione delle difese immunitarie, e di conseguenza una maggiore suscettibilità alle infezioni.
Perciò, in conclusione, l’attività sportiva è sicuramente positiva per migliorare anche le difese immunitarie, ma, una volta raggiunto un determinato livello prestativo, prima di incrementare ulteriormente il carico di lavoro bisogna stabilizzarlo per un certo periodo di tempo, al fine di permettere all’organismo di creare stabilmente gli adattamenti cui si faceva cenno prima, e questo anche da un punto di vista immunitario.