Andiamo indietro di 5 anni quando, il 9 luglio 2006, 50 milioni di italiani erano incollati davanti al televisore per assistere alla finale di coppa del mondo Italia-Francia. Ricordate a quanto batteva il vostro cuore? E le palpitazioni durante i calci di rigore? Ebbene, per fortuna l’Italia vinse quella partita, altrimenti ci sarebbe stato il rischio di contare molti decessi per eventi cardiovascolari nei giorni successivi.
Di questo ne sono convinti i ricercatori della University of Southern California, i quali hanno ravvisato che, tra i vari fattori di rischio per infarto ed altri problemi cardiaci, c’è anche il troppo tifo. In particolare nelle partite chiave, come nelle finali, il cuore dei tifosi va a mille nel vero senso della parola, ed in caso di sconfitta lo sconforto è tale da pregiudicare un cuore già malandato.
Gli effetti sono evidenti specialmente tra gli over 65, e sorprendentemente più tra le donne che tra gli uomini. L’osservazione dei dati è stata fatta in seguito a due partite dello sport più seguito negli Usa, il football americano, ed in particolare due Super Bowl (l’equivalente della nostra finale di Champions League). Per ottenere i risultati, i ricercatori hanno osservato le morti registrate per scompenso cardiaco tra la popolazione della città sconfitta nell’anno in cui c’è stata la finale, e nello stesso periodo dei 3 anni successivi, in modo da poter confrontare i dati per escludere altri fattori come la temperatura.
Ne è venuto fuori che, a seguito della sconfitta, i decessi tra gli uomini erano del 15% maggiori rispetto agli altri anni, mentre tra le donne erano addirittura il 27% in più. La maggior parte, come detto, si registrava tra gli ultrasessantacinquenni in cui i decessi facevano registrare un +22%.
La scienza ha mappato praticamente tutti i fattori di rischio legati ai disturbi cardiocircolatori cronici come per esempio il fumo, l’obesità, il diabete. Ma questo studio scopre una nuova evidenza: esistono anche fattori di rischio, come il Superbowl appunto, in grado di attivare uno scompenso cardiaco acuto
ha affermato Robert A. Kloner, dell’Heart Institute del Good Samaritan Hospital-Heck School of Medicine dell’Università della Southern California (Los Angeles). Gli stessi risultati sono stati ravvisati anche in Europa, ed in particolare proprio durante il Mondiale di calcio del 2006, in cui uno studio pubblicato due anni dopo sul New England journal of medicine arrivò a conclusioni molto simili.
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[Fonte: Repubblica]