Alcuni farmaci antidolorifici possono danneggiare l’udito, soprattutto delle donne, sino alla perdita completa. L’allarme arriva da una ricerca condotta dal Channing Division of Network Medicine del Brigham and Women’s Hospital e pubblicata sull’American Journal of Epidemiology. Gli analgesici, come del resto tutti i farmaci, possono avere degli effetti collaterali, tuttavia il rischio di perdere l’udito non era mai stato preso in considerazione, almeno fino ad oggi.
Lo studio ha coinvolto 62.261 donne di età compresa tra i 31 e 48 anni, che sono state seguite dal 1995 al 2009. Durante il periodo di osservazione più di 10 mila donne hanno riferito di aver perso l’udito. I ricercatori, incrociando i vari dati, hanno scoperto come i responsabili fossero l’ibuprofene, uno dei principi attivi della famiglia dei FANS (tipo il Moment), e il paracetamolo. Con l’uso dell’Aspirina, invece, non è emersa alcuna associazione.
Il rischio di perdere l’udito era correlato alla posologia. Le donne, infatti, che assumevano L’ibuprofene 2 o 3 volte a settimana avevano un rischio maggiore del 13% rispetto a coloro che l’utilizzavano 1 volta a settimana. Con il paracetamolo il rischio era leggermente minore (11%).
Come ha spiegato l’autrice principale della ricerca, la dottoressa Sharon G. Curhan:
Tra i meccanismi possibili potrebbe essere che i FANS arrivano a ridurre il flusso di sangue alla coclea (una componente dell’orecchio a forma di chiocciola da cui prende il nome, il cui compito è quello di trasmettere vibrazioni proporzionali alla pressione sonora captata dal padiglione uditivo ndr) e compromettere la sua funzionalità. Il paracetamolo, invece, potrebbe agire depauperando i fattori che proteggono la coclea.
Il problema principale, al di là dell’esito di questo studio, che pure lascia riflettere, è che si tratta di farmaci da banco, quindi facilmente reperibili senza il consulto del medico, questo però non dovrebbe autorizzare a farne un uso sconsiderato. Se si ha bisogno di assumere regolarmente questo tipo di medicinali, piuttosto sarebbe il caso di discuterne con il proprio medico di fiducia, in modo da prendere in considerazione altre possibili alternative.
Via|American Journal of Epidemiology; Photo Credits|ThinkStock