Un uomo è stato licenziato in Toscana dopo aver combattuto per un anno con una grave patologia. Una volta guarito e pronto a tornare al lavoro la sgradita sorpresa. Questo perché aveva superato di 9 giorni il limite di malattia della quale, secondo contratto, poteva usufruire. E’ giusto?
Ovviamente la domanda non può essere posta a livello legislativo: in questo caso a tenere fede è il contratto di categoria, da quel punto di vista teoricamente inoppugnabile. Quello che è necessario chiedersi è se a livello sociale sia giusta una simile scelta. Quando si parla di salute e lavoro sono molti i fattori che entrano in gioco. Non è stato reso noto il tipo di malattia dalla quale era affetto l’uomo, ma i lunghi tempi di recupero e la sottomissione ad un’operazione chirurgica ci portano a pensare che si trattasse di un tumore o di una patologia simile.
E’ comprensibile che in un periodo di crisi un’azienda tenti di salvaguardare se stessa, ma in questo caso sono diverse le problematiche che entrano in gioco. L’uomo sarebbe dovuto tornare a lavorare oggi, dopo aver combattuto con una malattia minante nel corpo e nello spirito. Parliamo di una persona con un contratto a tempo indeterminato presso la Giacchieri, che si occupa dello stivaggio, nastro bagagli e pulizia degli aeromobili dell’aeroporto di Firenze. Il suo posto ancora è vacante e l’intero servizio è stato dato in appalto ad un’altra ditta, con il passaggio dei dipendenti (tutti tranne lui, N.d.R.) al nuovo gruppo. Se anche lui fosse stato “trasferito”, la malattia si sarebbe “azzerata” e non vi sarebbe stato alcun problema. Ovviamente i sindacati, pur sottolineando che sarebbero bastati “nove giorni di aspettativa non retribuita” a salvare il posto di lavoro dell’uomo, non contestano legislativamente il provvedimento, quando chiedono, in base a tutti gli elementi, un ripensamento da parte dell’azienda.
Quante persone finiscono per perdere il lavoro per malattie gravi con conseguenti problematiche non solo economiche ma anche psicologiche? La malattia non vince comunque sulle persone in questo modo? E’ una domanda che dovremmo porci, perché chiunque di noi potrebbe ritrovarsi nella stessa situazione: non servirebbe una revisione più realistica della legge e di come considerare la malattia al fine di preservare la dignità ed il benessere degli uomini? Questo tipo di licenziamento è giusto solo su carta.
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