Il metodo Zamboni contro la sclerosi multipla è da anni sotto l’occhio dei riflettori. Torna fa parlare di sé a causa di uno studio canadese pubblicato sulla rivista di settore Plos One che sostiene la mancanza di legame tra la patologia e la CCSVI, l’insufficienza venale cerebrospinale cronica sulla cui risoluzione il protocollo basa la sua “cura”.
Secondo il prof. Ian Rogers della McMaster University non vi sono prove di questo legame presentato da Paolo Zamboni e quindi gli interventi di apertura dei vasi bloccati tramite stent non dovrebbero essere considerati risolutivi. Ovviamente la risposta del professore italiano non si è fatta attendere, attraverso una lettera inviata alla redazione della rivista scientifica. I risultati degli studi dei rispettivi esperti è palesemente opposto, e Zamboni puntualizza quelli che secondo lui sono le pecche dello studio canadese.
Una diatriba che ci ricorda quasi quella di Nature e del metodo Stamina. Tornando al caso, l’esperto italiano sottolinea che i diversi risultati sono da ricondurre alla mancanza di anomalie riscontrate dal team d’oltreoceano a causa del non utilizzo degli attuali protocolli internazionali di analisi in merito ala sclerosi multipla ed all’insufficienza venosa: essi possono e devono essere verificati attraverso l’utilizzo dell’ecocolordoppler che con la venografia con catetere, conosciuta sotto il nome di MRV. Commenta Zamboni nella lettera:
Per quanto riguarda la metodologia ECD siamo rimasti molto sorpresi che gli autori non siano riusciti ad utilizzare la metodologia aggiornata di recente raccomandata da un consenso internazionale per migliorare la riproducibilità del protocollo ECD. L’unica meta-analisi di tutti i report dal 2005 a giugno 2011 ha dimostrato una forte prevalenza della CCSVI nella SM, ma con marcata eterogeneità tra gli studi. Per evitare questo e per rendere gli studi più confrontabili, dopo giugno 2011 sette società scientifiche internazionali hanno sviluppato un protocollo tecnicamente dettagliato, eppure non citato.
Un dubbio sale nella nostra mente: fermo restando che il protocollo di Zamboni sembra funzionare in quanto a miglioramenti solo nelle persone affette da CCSVI e questo è stato ammesso, a quale pro i ricercatori canadesi non hanno utilizzato tutte le tecniche a loro disposizione nel loro studio? La loro intenzione era quella di verificare o confutare a prescindere?
Fonte | Plos One
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