L’infusione di staminali secondo il metodo messo a punto dalla Stamina Foundation è stato nell’occhio del ciclone per diverso tempo per via della sua validità. Ora lo “scontro” si sposta dalla procura di Torino alla rivista “Nature” dove a finire sotto accusa non è solo il protocollo ma anche il nostro ministro della Salute Renato Balduzzi.
E’ reo di aver ufficializzato la possibilità di utilizzo di quello che viene ormai chiamato “metodo Stamina” in 32 pazienti terminali, di cui molti bambini. Già qui è necessario un primo distinguo. Il decreto legge emanato dal ministero della Salute non avvalla o ufficializza l’utilizzo del metodo Stamina, ma dà modo di richiedere, ai singoli medici, l’applicazione dello stesso ferme restanti precise condizioni di salute del paziente da sottoporre all’azione delle cellule staminali. La preparazione deve essere su “base non ripetitiva” e prevede che venga “emanato un regolamento per l’uso” delle staminali su singoli pazienti, dopo autorizzazione del comitato etico. Che è ben diverso da un’ autorizzazione ufficiale o da una legge in merito senza riprova scientifica inoppugnabile della loro funzionalità. Nella nota il ministro infatti spiega ancora:
La decisione del governo di autorizzare la prosecuzione ed il completamente delle terapie “ordinate” dai magistrati si è resa necessaria solo per ovviare ad una discriminazione, frutto di autonomi pronunciamenti dei giudici, tra i pazienti che avevano già iniziato il trattamento con metodo Stamina. Il decreto prevede il monitoraggio dell’efficacia da parte dell’Istituto superiore di sanità, del Centro nazionale trapianti e dell’Aifa attraverso l’acquisizione di tutti i dati clinici dei pazienti.
Ecco quindi che l’articolo di Nature giustamente pone il riflettore sulla necessità di provare scientificamente la valenza del metodo Stamina per un suo utilizzo sicuro per i pazienti al fine di evitare tumori o altre conseguenze spiacevoli derivanti da un utilizzo sbagliato delle cellule staminali mesenchimali. Ma è al contempo un dato di fatto che alcuni pazienti sottoposti alle cure sembrano stare meglio. Non sarebbe bene sedersi attorno ad un tavolo e pianificare studi seri che possano verificarne la validità al fine di renderle un protocollo, se sicuro, per tutti?
Fonte | Nature
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