Ieri parlavamo dell’entrata in vigore della pillola abortiva Ru486, il metodo di aborto chimico che negli altri Paesi europei esiste da tempo (in Francia è in commercio da 11 anni), ma che in Italia ha dovuto superare un lungo periodo sperimentale prima di poter essere autorizzata. Ora, all’indomani dall’approvazione, cerchiamo di capire come funziona, e perché fa così tanta paura al Vaticano.
La pillola Ru486 è in grado di interrompere una gravidanza in cui l’ovulo è già stato fecondato, dunque non deve essere confusa con la cosiddetta “pillola del giorno dopo“, che ha tutt’altra funzione, anche se la finalità è sempre la stessa. La nuova pillola è a base di mifepristone, e per poter interrompere la gravidanza, ha bisogno del supporto di un altro farmaco, la prostaglandina, la quale provoca delle contrazioni uterine che consentono l’espulsione dell’embrione.
La pillola può essere assunta anche oltre le 48 ore dal concepimento, ma non in qualsiasi momento. Ogni Paese ha infatti una scadenza differente in base alla legislazione, ed in Italia questa scadenza è fissata alla settima settimana di gestazione, superata la quale diventa pericoloso assumere il farmaco, e delle volte anche inutile. Dopo tale soglia, se si vuol interrompere una gravidanza, lo si può fare solo chirurgicamente, e solo nel caso in cui sussistano pericoli per la salute della madre o del feto. Secondo le rilevazioni effettuate negli anni passati negli altri Paesi, la Ru486 non è completamente efficiente, ma ha un tasso di successo del 98,5%.
Nel Paese della Chiesa però (che non è il Vaticano, ma l’Italia intera), l’aborto è visto come un abominio, ed è facile immaginare la reazione ecclesiastica alla notizia che semplicemente con una pillola si può evitare di far nascere un bambino. Per questo le più alte cariche della Chiesa hanno tuonato contro l’introduzione della pillola, e mentre il Papa parla di scomunica per tutti coloro che hanno a che fare con essa, Mons. Fisichella ha chiesto alla politica di intervenire. E la reazione del Governo non si è fatta attendere.
Se non saranno poste regole rigide alla commercializzazione del prodotto entro Ferragosto (finora l’unica regola è che la pillola non sarà venduta in farmacia, ma assegnata soltanto negli ospedali), allora ci penserà il Governo a porre paletti molto limitativi. Quelli di cui si parla in questa fase preliminare sono il ricovero per l’espulsione dell’embrione, praticamente una procedura simile a quella classica dell’aborto, ma senza intervento chirurgico, ed il test psicologico alle aspiranti abortiste. Secondo le prime indiscrezioni, tale test sarà il vero filtro per l’accesso alla pillola abortiva, in quanto verrà negato alle donne che non hanno un’alta soglia del dolore, e a quelle sole e prive di assistenza. La cosa assurda, che speriamo non venga mai presa in considerazione, è che la terapia sarà negata anche alle donne straniere (a meno che non parlino perfettamente l’italiano), a quelle che abitano a più di un’ora dall’ospedale e addirittura a chi non possiede un auto, scelta incomprensibile che fa capire l’inattendibilità di questo Governo in materia di salute.