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Testamento biologico, fondazione Veronesi raccoglie 4.000 espressioni di volontà

Continua a far discutere il caso Englaro, malgrado la Corte d’Appello di Milano si sia pronunciata già da qualche giorno sull’inamissibilità di ulteriori ricorsi della Procura. Mentre Beppino Englaro, padre di Eluana, vive il suo dramma umano sotto i riflettori invadenti e contro un’opinione pubblica spaccata in due da opposte posizioni di natura etico-morale, sono molte le reazioni suscitate dalla sentenza che autorizza in via definitiva alla sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione artificiale.

Una nuova Terry Schiavo titolano, ad effetto, alcuni giornali e trasmissioni televisive, quasi come se i casi umani di questa drammaticità fossero davvero equiparabili con una leggerezza d’intenti che scandalizza per la scarsa delicatezza con cui è stato trasformato il caso in un fenomeno mediatico. Senza ombra di dubbio, malgrado l’accanimento eccessivo nei confronti di questa vicenda, il caso Englaro ha sollevato una lacuna legislativa in materia di testamento biologico che necessita di essere colmata, proprio per evitare che, mentre un ammalato si trova tra la vita e la morte, in condizioni giudicate irreversibili, la sua cartella clinica venga sbandierata, strattonata, disputata in diretta televisiva.

In questi giorni tutti sembrano sapere, meglio dei suoi familiari, cosa volesse Eluana. Trentaquattro associazioni italiane hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, se venisse accolto a Strasburgo spetterebbe l’ultima voce in capitolo su questa estenuante trafila giudiziaria, malgrado la sentenza pronunciata da Milano sia comunque esecutiva, fino a ordine contrario.
Come a dire che i familiari devono affrettarsi a staccare il sondino, prima che un nuovo contrordine intervenga a bloccare l’esecuzione delle volontà di Eluana.

Intanto, alla fondazione Veronesi approdano ben 4.000 espressioni di volontà a favore del testamento biologico, in misura maggiore da soggetti anziani e donne, che dichiarano di voler rifiutare l’accanimento terapeutico, nel caso si trovassero in  situazioni analoghe a quelle di Eluana. Il mondo cattolico, tuttavia, sostiene che tenere in vita artificialmente una paziente in coma irreversibile da 17 anni non sia affatto accanimento terapeutico e che staccare il sondino equivalga all’eutanasia, illegale in Italia. Può sempre accadere un miracolo, dicono.
Forse, l’unico miracolo a cui bisogna auspicare adesso è che si spengano i riflettori sul caso Englaro, garantendo alla sua famiglia e a Eluana stessa, di vivere con dignità un dramma già così grande senza bisogno che altri pesino su decisioni così private, personali. Forse, l’unica frase ragionevole che si è sentita pronunciare negli ultimi giorni su questa vicenda è proprio quella di monsignor Ravasi: smorzare le urla…
Malgrado le posizioni opposte dividano l’opionione pubblica del Paese tra i pro e i contro l’interruzione dell’alimentazione artificiale, ora occorre restituire ad una dimensione privata un dramma così personale come quello vissuto dalla famiglia Englaro.