150° anniversario dell’Unità d’Italia: una data che mi emoziona e mi fa pensare a quante cose siano cambiate rapidamente in questo secolo e mezzo. Anche il nostro organismo è modificato profondamente: considerate che nel 1861 l’altezza media degli italiani era di circa 163,0 cm ed oggi si attesta intorno ai 175,0. E’ aumentato anche l’indice di massa corporea insieme alla lunghezza e alla qualità della vita. Questo grazie soprattutto ai cambiamenti dell’alimentazione, perché si sa: noi siamo ciò che mangiamo!
L’Inran (Istituto Nazionale di Ricerca sugli Alimenti e la Nutrizione), ha realizzato un opuscolo in cui si illustra il percorso nutrizionale italiano in questi decenni, in occasione delle Celebrazioni per l’Unità d’Italia, ma anche per il suo personale 75° anniversario che cade sempre in questi giorni. Vi riassumiamo alcuni concetti.
Il documento più antico che ci parla ufficialmente dello stile di vita alimentare e dunque della salute degli italiani alla fine del 1800, risale al 1884 e fa riferimento all’Inchiesta Parlamentare Jacini. Da questa si evince una scarsa varietà alimentare caratterizzata dal pane quale elemento nutrizionale principale, accompagnato da zuppe, minestre ed “erbaggi” di vario tipo per combattere la fame. Il tutto serviva ad alimentare una popolazione a prevalenza contadina che quindi consumava tante energie, nonostante ne assumesse poche: malnutrizione, crescita compromessa nei bambini, rachitismo, anemia, menarca anticipato ed alta mortalità, soprattutto infantile. Quello che accade cioè oggi nei paesi in via di sviluppo.
Tra le successive due guerre mondiali la situazione non cambia anzi sotto alcuni punti di vista peggiora: i contadini italiani cominciano a sostituire il pane con la polenta, il grano si può rivendere ad un prezzo migliore del mais! Ciò però comporta la diffusione della pellagra (carenza di vitamina B2) che, nel nostro Paese ha mietuto vittime per lungo tempo, soprattutto nel Veneto. In questi stessi anni inizia però la ricerca in nutrizione (l’Inran viene fondato ad esempio nel 1936) che identifica i tre gruppi di macronutrienti (proteine, carboidrati e grassi), ma soprattutto individua l’importanza delle “amine della vita” cioè delle vitamine!
Terminate le guerre inizia la rinascita del paese e si assiste a dei cambiamenti rapidi ed impensati: arriva il boom economico e con esso l’abbondanza della disponibilità dei cibi e la diminuzione del lavoro manuale, con l’industrializzazione, le macchine, le lavatrici, ecc. che comportano un dispendio energetico fisico minore. Si passa così da malattie da carenza nutrizionale a patologie da eccessiva ed errata alimentazione: come l’epidemia di diabete ed obesità di cui parliamo spesso, tanto che è stato coniato il nuovo termine “diabesity“, o le malattie cardiovascolari ed oncologiche.
Per fortuna però c’è una attenzione al riguardo: anche in seguito agli eventi della mucca pazza o dell’aviaria gli italiani prestano più attenzione ai cibi sani e si stanno facendo grandi campagne informative per un ritorno alla dieta mediterranea, fatta cioè di quel modello alimentare contadino del secolo scorso caratterizzato da verdure, frumento, olio d’oliva e frutti della terra. L’attenzione c’è. Ora bisogna attivarsi nel vero cambiamento. Conto di raccontarvelo quando, fra 50 anni, festeggeremo i 200 anni dell’Unità d’Italia. Nel frattempo buona festa nazionale a tutti!
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[Fonte: Inran]