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Parkinson, un aiuto dalla terapia genica

La terapia genica potrebbe essere impiegata per la cura del morbo di Parkinson. Si tratta di un nuovo trattamento medico che prevede il trasferimento di uno o più geni sani in una cellula malata, al fine di poter prevenire o curare una patologia causata dall’assenza o dal difetto di 1 o più geni.

Il risultato, è frutto di un progetto di ricerca guidato da Andrew Feigin del Feinstein Institute for Medical Research di Manhasset, da Michael Kaplitt del Weill Cornell Medical College di New York e da Matthew During dell’Ohio State University College of Medicine di Columbus, teso a fornire una terapia efficace contro i sintomi del morbo di Parkinson, quali tremore, rigidità muscolare, difficoltà nel movimento, ecc, ma priva di effetti collaterali.

La ricerca è inziata nel 2007, quando sono stati avviati i primi esperimenti sulla base di un gene codificante l’enzima GAD, che è in grado di migliorare le condizioni dei pazienti una volta iniettato nel cervello. Il GAD, infatti, è in grado di catalizzare la produzione del neurotrasmettitore inibitorio GABA, il quale regola l’eccitabilità neuronale in tutto il sistema nervoso.

Con il morbo di Parkinson, il livello di GABA è particolarmente basso. In questo modo, infatti, si crea un’iperattività dei neuroni nella zona del cervello che corrisponde al nucleo subtalamico, che causa una riduzione di dopamina, un neurotrasmettitore fondamentale per il controllo dei movimenti, che provoca i sintomi tipici della patologia.

Successivamente, i ricercatori hanno testato la terapia genica su un gruppo di 45 pazienti. Su 22 volontari è stata l’innestato il gene GAD attraverso il vettore virale AAV, mentre agli altri 23 è stato iniettato un semplice placebo. Dopo 6 mesi, gli esperti hanno verificato un miglioramento delle funzioni motorie del 23,1% nei soggetti sottoposti a terapia genica, mentre negli altri il miglioramento è stato del 12,7% grazie all’effetto placebo.

Come ha spiegato il dott. During:

la nostra terapia permette di introdurre in maniera stabile il Dna all’interno delle cellule nervose e il gene rimane espresso per tutta la durata della vita del paziente. Quindi, prevediamo che il trattamento debba essere effettuato una sola volta e che continuerà a funzionare finché la persona è in vita. Sebbene l’aumento della produzione del neurotrasmettitore GABA sia indirizzato appositamente per trattare i sintomi del Parkinson, i miei studi pubblicati su Science nel 2002 hanno dimostrato che quest’approccio può avere anche una funzione neuroprotettiva e quindi potrebbe far variare il decorso naturale della malattia.

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