L’esposizione al particolato è stata riconosciuta come uno dei fattori che contribuiscono allo sviluppo del cancro al polmone. Un nuovo studio indica che l’inalazione di particelle in grado di provocare la mutazione di alcuni geni può portare allo sviluppo di tumori e altre malattie. La ricerca è stata presentata ieri alla 105a Conferenza internazionale della American Thoracic Society a San Diego, California.
Di recente, i cambiamenti nella programmazione genetica causata da una trasformazione chimica chiamata metilazione sono stati rilevati nel sangue e nei tessuti di pazienti affetti da cancro del polmone. Abbiamo cominciato ad investigare se l’esposizione al particolato induce cambiamenti nella metilazione del DNA nel sangue da soggetti sani che sono stati esposti ad elevati livelli di particolato, ad esempio in una fonderia.
ha dichiarato il ricercatore Andrea Baccarelli, professore assistente di biotecnologia applicata presso l’Università di Milano. I ricercatori hanno “arruolato” 63 soggetti sani, che hanno lavorato in una fonderia vicino il capoluogo lombardo. Sono stati raccolti campioni di DNA la mattina del primo giorno della settimana lavorativa, e di nuovo dopo tre giorni di lavoro. Confrontando questi campioni è emerso che essi avevano subito modifiche significative in quattro geni associati con la soppressione del tumore.
Le modifiche sono rilevabili solo dopo tre giorni di esposizione al particolato, indicando che i fattori ambientali necessitano di un po’ di tempo per riprogrammare il gene potenzialmente associato alla malattia. Molti degli effetti delle particelle delle fonderie sono simili a quelle che si trovano dopo l’esposizione all’inquinamento dell’aria. I nostri risultati aprono nuove ipotesi su come gli inquinanti atmosferici incidano sulla salute umana. Abbiamo potuto osservare che i cambiamenti nella metilazione del DNA sono reversibili e alcuni di essi sono attualmente utilizzati come obiettivi per i farmaci per combattere il cancro.
Secondo il dott. Baccarelli, i risultati dello studio indicano che interventi precoci possono essere utilizzati per invertire la riprogrammazione del gene a livelli normali, riducendo i rischi per la salute a causa dell’esposizione a fattori inquinanti. Se i dati verranno confermati, conclude lo studio, potranno essere individuate quelle sostanze che portano alla mutazione genetica e quindi alla malattia, e di conseguenza potranno essere eliminate.