Un gruppo di scienziati inglesi e olandesi ha condotto uno studio per comprendere se e come un test per misurare i livelli di progesterone nel sangue possa essere utile per comprendere, fin dai primi mesi, se una gravidanza sia vitale o meno. Il progesterone, lo ricordiamo, è un ormone naturalmente secreto dalla donna. I suoi livelli possono essere indicativi in caso di aborto spontaneo o gravidanza extrauterina.
Lo studio revisionale, pubblicato sulla rivista di settore British Medical Journal, vuole aprire la strada ad una tipologia diversa di test rispetto all’ecografia o agli ultrasuoni per capire se la donna è vittima di una delle due condizioni sopracitate. La volontà di trovare una via alternativa nasce dalla non totale attendibilità dei protocolli in uso in questi casi specifici. I ricercatori hanno analizzato quindi i risultato di 26 studi clinici che hanno coinvolto 9.436 donne in gravidanza. Di queste ricerche, sette hanno preso in esame pazienti che presentavano sanguinamento vaginale e lamentavano dolore, mentre la valutazione ecografica era stata incerta. Ricordiamo che questi sue sintomi sono tipici di un aborto spontaneo o di una gravidanza extrauterina, ma non specifici solo di questi ultimi. Gli altri diciannove studi avevano preso in considerazione un solo sintomo alla volta.
Alla fine dell’analisi condotta, i medici inglesi si sono resi conto, confrontando gli esami ematici, come misurare i livelli di progesterone possa essere un indicatore ottimale per stabilire la vitalità della gravidanza nelle donne che mostravano entrambi i sintomi. I risultati si sono rivelati meno certi in caso della presenza di un solo sintomo. Si tratta di uno studio revisionale: va quindi ricordato che nessuna correlazione certa è ancora stata scientificamente provata. Ciò non toglie che si sia aperta una nuova strada di valutazione che può essere approfondita e migliorata. Un passo necessario visto che in alcune gravidanze valide e perfettamente vitali, i livelli di progesterone possono essere bassi rispetto a ciò che viene considerato la normalità.
Fonte | British Medical Journal
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