Quando parliamo della medicina cinese è bene sintetizzare la differenza sostanziale e concettuale con quella occidentale; quindi possiamo dire che mentre la medicina occidentale è caratterizzata da un’estrema specializzazione, tanto che ogni “settore” dell’ organismo è studiato in maniera autonoma (“specialistica” appunto) e spesso come elemento a sé stante, la medicina cinese considera tutti gli organi, i tessuti, le funzioni fisiologiche come legate fra loro da uno stretto rapporto di interdipendenza.
Ogni sintomo – fisico o psichico che sia – non rappresenta il segno di una patologia localizzata in un punto preciso ma è spesso la spia di uno squilibrio più ampio e complesso dell’ organismo nella sua totalità. Possiamo dire che il medico cinese non osserva con il “microscopio” ma con il “grandangolo“. Non considera gli aspetti chimico-fisici ma studia la malattia come segnale di “squilibrio” causato da un fluire eccessivo, un ingorgo o una carenza di energia (Qi) nella complessa rete di canali (meridiani) che mettono in relazione ogni parte del corpo umano (organi, viscere, tessuti…).
Detto questo, qualcuno potrebbe chiedersi perché avvicinarsi alla medicina cinese, così distante dal nostro modo di pensare e di vedere il mondo. Personalmente, questa “diversità” che sembra ad un primo momento un punto di debolezza costituisce il reale grande punto di forza. La medicina tradizionale cinese rappresenta, secondo l’ opinione personale di chi scrive, uno strumento utile ad ampliare il modo di vedere le cose, un modo per liberarsi delle rigidità anche filosofiche tipiche della nostra cultura.
Comprendere le basi culturali e teoriche della medicina tradizionale cinese e le sue applicazioni per la terapia delle malattie più comuni non significa scegliere da un giorno all’altro una medicina diversa da quella occidentale, ma darsi la possibilità di apprezzare e, possibilmente, di utilizzare a proprio vantaggio, un modo diverso di pensare alla salute e alla malattia e, quindi, un modo diverso di vivere ogni giorno, affinando la propria sensibilità, sperimentando e valutando su se stessi le differenze.