Domani, giovedì 14 febbraio, il Recup, il centro unico di prenotazione di visite specialistiche della Regione Lazio chiuderà. Lungi da noi polemizzare politicamente, ma è il caso di riflettere sull’impatto che una simile bruttura del sistema apporterà ancora una volta alla sanità della zona.
Antefatto: è un anno che la Regione non paga. Ed il centro non ce la fa più a gestire la situazione. Circa 700 persone verranno messe “in mobilità”. Di loro 300 sono disabili. Inutile dire che nelle persone coinvolte questa situazione creerà un forte stress e del disagio psicofisico. Passiamo ora all’impatto sulla popolazione. A causa della chiusura del Recup, il quale gestiva in modo egregio la prenotazione degli esami telematicamente, i cittadini che avranno bisogno di visite specialistiche o particolari prestazioni sanitarie, non potranno più alzare il telefono e terminare la pratica nel tempo necessario all’operatore di trovare il posto e confermare dei codici. Chi ne avrà bisogno, sarà costretto ad andare di persona, con la ricetta compilata dal proprio medico di famiglia, nei centri convenzionati, nelle Asl e negli ospedali pubblici per prenotare il suo esame. Sia che si tratti di una risonanza magnetica, una ecografia o una visita dall’ortopedico.
In un anno il Recup di media gestisce più di 3 milioni di visite. Cosa potrà accadere nelle Asl laziali da domani in poi? Nella migliore delle ipotesi code lunghe e stress immenso per la popolazione. Dalla Regione Lazio la risposta è arrivata immediata: i fondi ci saranno ed arriveranno prestissimo. Sarà vero? La speranza è che ciò avvenga nei tempi più brevi possibili. La mancanza di un servizio di assistenza alla popolazione così semplice e eppure così necessario, non raggiungerebbe altro scopo che complicare una situazione, quella della sanità nel Lazio, gravata da molti problemi e da una carenza cronica di fondi. Soldi che servono per garantire un’assistenza sanitaria continuativa e di alto livello, che mai come negli ultimi mesi è stata incerta.
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