L’Italia era l’unico Paese che sembrava non dover rientrare nella vicenda del batterio killer. Almeno fino a ieri. La specie letale del batterio dell’Escherichia coli che ha messo in allarme mezza Europa, aveva effettuato i maggiori danni in Germania, aveva messo in ginocchio l’economia spagnola per le prime indicazioni sui cibi che lo diffondevano, i quali pareva arrivassero da lì, e aveva contagiato turisti provenienti da diversi Paesi del Nord. Il nome dell’Italia, che fino a questo momento non era stato tirato in ballo da nessuno, ora viene pronunciato da uno dei negozianti accusati di aver venduto i germogli che lo contenevano, perché afferma di averli comprati da noi.
In particolare Nacho Parra, titolare di un negozio nel Sud-Ovest della Francia, era stato accusato di aver dato origine al focolaio di Escherichia coli attraverso la vendita di germogli di trigonella, mostarda e di rucola di provenienza italiane. Accuse al nostro Paese? Non proprio, perché Parra, che pur dice di aver comprato in Italia quei prodotti, non se la sente di affermare che il contagio sia partito dall’Italia, ma pensa che possa essere avvenuto successivamente a causa della coltivazione, visto che la principale sospettata è la rete idrica tedesca che si pensa possa essere il “nido” del batterio.
Ma c’è anche il sospetto che il danno sia stato causato, come un vero e proprio intrigo internazionale, addirittura in un altro Paese ancora, la Gran Bretagna, visto che l’azienda di distribuzione, la Thompson&Morgan, potrebbe non essersi accorta che il batterio era presente nelle confezioni in cui i germogli sono stati messi. Insomma, germogli nati in Italia sani, si sarebbero potuti “ammalare” in Germania, in Gran Bretagna o in Francia, dove hanno già fatto 10 vittime, tutte persone ricoverate in dialisi a Bordeaux, mentre il numero dei decessi complessivamente è salito a 46 casi.
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