I primi riscontri sull’emergere di una nuova pandemia del ceppo di influenza A H1N1 in Messico, sono stati pubblicati sulla rivista Science. I ricercatori del MRC Centre for Outbreak Analysis and Modelling at Imperial College di Londra, stanno lavorando in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della sanità ed il Ministero della salute pubblica del Messico per valutare l’epidemia utilizzando i dati di fine di aprile. I loro principali risultati sono i seguenti:
I dati finora raccolti sono molto coerenti con quello che i ricercatori si aspettano di trovare nelle prime fasi di una pandemia. I ricercatori stimano che in Messico, l’influenza A H1N1 è stata fatale in circa 4 casi su 1.000, che fanno diventare questo ceppo di influenza letale quanto quello riscontrato nella pandemia del 1957. I ricercatori sottolineano che l’assistenza sanitaria è notevolmente migliorata nella maggior parte dei paesi dal 1957 ad oggi, e se non ci sono maggiori vittime è perché il mondo oggi è più preparato.
L’epidemia si pensa sia iniziata in Messico già dal 15 febbraio scorso. I dati suggeriscono che entro la fine di aprile circa 23.000 persone sono state infettate con il virus in Messico e 91 di queste sono morte a causa dell’infezione. Tuttavia, le cifre sono incerte perché alcuni casi miti non sono stati dichiarati. I numeri degli infetti potrebbero essere sotto le 6.000 persone o oltre le 32.000. L’incertezza sul numero di persone infettate in Messico, significa che il rapporto di mortalità dello 0,4% (4 morti su 1000) non può essere definitivamente stabilito. Il quadro comune di riferimento è che esso varia da 0,3% all’1,5%.
Per ogni persona infetta, è probabile che ci saranno tra 1,2 e 1,6 casi secondari. Questo è un numero elevato rispetto alla normale influenza stagionale, dove circa il 10-15% della popolazione rimane infettata. Tuttavia, essa è più bassa di quella che sarebbe se ci fosse una pandemia influenzale, dove il 20-30% è esposta. In un focolaio nell’isolato villaggio La Gloria, in Messico, i bambini sono stati infettati il doppio rispetto agli adulti, con il 61% di loro che aveva meno di 15 anni. Ciò potrebbe suggerire che gli adulti hanno un certo grado di immunità contro le infezioni, a causa del fatto di essere stati precedentemente infettati con un ceppo di influenza simile, oppure può significare che i bambini sono più suscettibili alle infezioni, perché interagiscono molto più a stretto contatto, per esempio a scuola, rispetto agli adulti.
Il professor Neil Ferguson, l’autore della ricerca ha dichiarato:
Il nostro studio dimostra che questo virus si sta diffondendo come ci si aspetterebbe per le prime fasi di una pandemia influenzale. Finora, è stato molto simile alla pandemia di influenza nel 1957, in termini di percentuale di persone che sono state colpite, e la percentuale di casi potenzialmente fatali che stiamo vedendo. Quello a cui stiamo assistendo non è la stessa cosa dell’influenza stagionale e vi è ancora motivo di preoccupazione. Tuttavia, questa prima ondata suggerisce che il virus H1N1 non è così facilmente da trasmettersi e non è così letale come quello della pandemia di influenza nel 1918.
[Fonte: Sciencedaily]