L’artrite reumatoide, oltre ad essere una patologia autoimmune, è anche una delle malattie più dolorose che l’essere umano possa sperimentare. Il controllo del dolore in questa tipologia di pazienti non è solo un bisogno, ma una necessità. Le terapie attualmente in uso sono molte, anche se si basano su due componenti ben precisi: i miorilassanti ed i neuromodulatori. Facciamo il punto della situazione.
Un passo necessario da intraprendere perché secondo recenti stime, le probabilità di successo di queste sostanze nell’affrontare queste patologie non sono poi chiarissime. E’ questa la motivazione per la quale un gruppo di scienziati australiani ha deciso di studiare tutta una serie di ricerche in tema, e già di dominio pubblico, per valutarne l’efficacia.
Purtroppo i risultati di questa analisi, pubblicati sulla rivista di settore The Cochrane Library sono stati tutt’altro che incoraggianti. Prima di tutto è stato affrontato il problema dei miorilassanti. In questa famiglia di principi attivi rientrano le benzodiazepine (ansiolitici) e lo zoplicone, un sedativo ipnotico. Secondo lo studio australiano questa tipologia di farmaco è valido nel bloccare iòl dolore per i primi quattordici giorni, fermo restano una serie di effetti collaterali anche in un uso così breve.
Stesso problema è stato riscontrato nei neuromodulatori. In questo caso parliamo di farmaci di diversa tipologia (creme alla capsaicina, nefopam, addirittura la cannabis, n.d.r.) Sebbene queste sostanze su un periodo di tempo pari ad una settimana sembrino attenuare il dolore non risultato essere migliori, in quanto ad effetto, rispetto ad un placebo.
Commenta il coordinatore dello studio, il reumatologo Bethan Richards:
Allo stato attuale delle nostre conoscenze visto che non provoca effetti collaterali particolarmente rilevanti, la capsaicina può essere presa in considerazione come trattamento accessorio, soprattutto nei pazienti con dolore persistente che non risponde ad altre cure.
Motivo? Perché unica sostanza a non causare particolari problemi in un utilizzo sul lungo termine e di possibile complementarietà ai nuovi farmaci biologici che agiscono direttamente sul sistema immunitario.
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Fonte: The Cochrane Library