La distrofia muscolare di Duchenne è una malattia genetica causata dall’assenza di una proteina, la distrofina appunto, che porta alla perdita progressiva della forza muscolare e, di conseguenza, alla perdita delle abilità motorie.
Ad essere colpiti dalla malattia sono soggetti di sesso maschile (uno su 3500 nati), mentre le fammine possono essere “portatrici sane” tranne in rari casi in cui la sindrome si manifesta in forma lieve. Secondo le stime in Italia 5000 persone sono affette da questa patologia.
La sindrome si manifesta nella prima infanzia, intorno ai tre anni, quando il bambino comincia a manifestare difficoltà a saltare, correre, salire le scale, alzarsi da terra (ricorre alla cosiddetta manovra di Gowers che consiste nell’appoggiare le mani alle cosce per spingere in alto la parte superiore del corpo).
La sindrome si manifesta nella prima infanzia, intorno ai tre anni, quando il bambino comincia a manifestare difficoltà a saltare, correre, salire le scale, alzarsi da terra (ricorre alla cosiddetta manovra di Gowers che consiste nell’appoggiare le mani alle cosce per spingere in alto la parte superiore del corpo).
La patologia è progressiva e porta a perdere l’uso degli arti inferiori verso l’adolescenza e di quelli superiori intorno alla prima età adulta. Insorgono anche difficoltà respiratorie, che renderanno necessario il ricorso alla ventilazione meccanica, e cardiache. proprio queste complicanze cardiache e respiratorie riducono notevolmente le aspettative di vita dei soggetti portatori della distrofia di Duchenne. Circa un 30% di essi presenta un deficit cognitivo che però rimane stabile. Anche in assenza di deficit sono possibili difficoltà di apprendimento e problemi di linguaggio.
Nei bambini aldisotto dei tre anni di solito si perviene alla diagnosi dopo il riscontro casuale dell’aumento di Creatin Kinasi (CK) nel sangue, mentre nei bambini intorno atre anni sono i genitori a riferire le difficoltà motorie cui si è fatto cenno in precedenza. La diagnosi, in ogni caso, è basata sulla biopsia su un frammento di muscolo e sull’analisi genetica di routine. La diagnosi prenatale, indicata nel caso ci siano precedenti familiari, è possibile tramite amniocentesi e villocentesi anche se circa un terzo dei casi è causato da nuove mutazioni genetiche.
Al momento non esiste una terapia risolutiva, ma i progressi delle cure cosiddette palliative hanno permesso di allungare le aspettative di vita delle persone con sindrome di Duchenne anche oltre i trentanni. Attraverso l’assunzione di steroidi è possibile migliorare le abilità motorie e ridurre la sensazione di affaticamento, mentre la cardiopatia può essere curata, nei primi tempi, attraverso la somministrazione di farmaci specifici.
Di recente è stata scoperta l’esistenza, da parte di un’equipe di ricercatori condotta da Pier Lorenzo Puri, di due “interruttori” in grado di interventire sulla capacità delle cellule staminali di rigenerare il muscolo.
In Italia è attivo dal 1996 il Duchenne Parent Project, una onlus voluta da genitori di bambini colpiti da questa malattia che lavora per accelerare la scoperta di una cura, garantire che vengano somministrate le migliori cure possibili e fornire sostegno alle famiglie.