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Terapia genica: la cura parte dal DNA

 È sui nostri geni, attraverso le nuove terapie geniche, che si deve lavorare per sconfiggere malattie ancora “immuni” alle cure mediche tradizionali.
Il principio che ha portato a studiare questa nuova terapia è che: se una malattia è causata da un’alterazione genetica potrebbe bastare introdurre nelle cellule malate la copia corretta del gene alterato o modificare il codice genetico del gene non-funzionante per curare la patologia stessa. Questo procedimento oggi avviene in laboratorio grazie alla tecnologia genetica del DNA.

Ancora non si è arrivati ad una metodica che permetta un pieno controllo della manipolazione genetica, così come avveniva nel film di fantascienza ‘Gattaca, la porta dell’universo’, dove una perfetta conoscenza del DNA e delle manipolazioni genetiche consentiva, all’uomo, di raggiungere la perfezione sotto ogni punto di vista, ma gli studi sulla genetica sembrano aver intrapreso il giusto cammino. Uno dei problemi più importanti, ad oggi, è rappresentato proprio dall’inserimento, o innesto, del gene corretto nella cellula modificati.. Questo avviene attraverso un vettore derivato da dei virus. La capacità dei virus di entrare in contatto con le cellule e di trasmettere il gene, opportunamente modificato, dovrebbe generare copie del virus, portatore del gene corretto, sfruttando il meccanismo della cellula stessa. Questo, però, può causare l’inserzione del nuovo elemento genetico in parti del genoma non opportune, infatti non sempre si riesce ad inserire il gene al punto giusto affinché funzioni correttamente. Se ciò dovesse accadere si potrebbero generare alterazioni nel funzionamento dei geni scatenando malattie tumorali o autoimmuni. È questa la sfida che la genetica si propone di superare.

Un aspetto particolare della terapia genica riguarda le cosiddette mutazioni genetiche naturali, ovvero quelle che caratterizzano alcune persone rendendole speciali. L’analisi del loro dna può condurre ad importanti risvolti clinici. Esempi? E’ il caso di Eero Mantyranta, un atleta che nel 1964 vinse due medaglie d’oro nello sci nordico. Dimostrava una particolare resistenza fisica come se fosse dopato: in realtà presentava una mutazione del gene EPOR. Questa è una forma di malattia non particolarmente grave, che prende il nome di eritrocitosi familiare, e che causa una sovrapproduzione di globuli rossi con maggior trasporto d’ossigeno ai tessuti comportando un notevole incremento delle prestazioni di un atleta in condizioni di sforzo prolungato.

Invece un esempio di manipolazione genetica, dei nostri tempi, che deriva dalla ricerca volta a trovare una cura per patologie legate alle disfunzioni muscolari ha portato a creare una miostatina artificiale, il “gene della forza”: un gene che regola lo sviluppo dei muscoli nell’organismo. Si parla ancora di esperimenti ma la terapia genica ha mostrato interessati risultati sulle cavie di laboratorio dove topi e bovini hanno sviluppato impressionanti masse muscolari. 
L’altra faccia della medaglia vede questo gene impropriamente usato per potenziare le fasce muscolari degli atleti. Infatti bloccare la miostatina in soggetti sani con lo scopo di aumentare rapidamente il volume dei muscoli permetterebbe agli atleti di incrementare i risultati e migliorare la performace sportiva sconfinando nel doping genetico.