Vi sarebbe un caso sospetto di mucca pazza all’Umberto I di Roma. Il condizionale è d’obbligo ma a quanto pare, l’uomo di 77 anni morto lo scorso lunedì presso il reparto di Medicina II del policlinico romano, era affetto da encefalopatia cronica degenerativa prionica, in poche parole, il suddetto morbo della mucca pazza. La diagnosi deve ancora però essere confermata dall’autopsia che a breve verrà effettuata.
L’esame autoptico verrà eseguito presso l’Ospedale Spallanzani, specializzato in malattie infettive. Ad ogni modo, il ministro della Salute Ferruccio Fazio, interpellato dai media, ha rassicurato sulla non pericolosità della situazione.
Ad oggi non risultano evidenze di un nuovo caso di mucca pazza. Ho chiesto informazioni e mi risulta un paziente deceduto nei giorni scorsi a cui è stata fatta una rachicentesi. Finora non ci sono evidenze nè di mucca pazza e nemmeno della variante Creutzfeldt-Jakob. In ogni caso c’è un contenzioso tra i parenti e il policlinico di cui si sta occupando la magistratura.
Sotto il soprannome di “morbo della mucca pazza” viene comunemente identificata la Bse, encefalite spongiforme bovina, patologia causata da un prione che rimane latente a lungo nell’organismo, dai quattro ai sei anni, prima di conclamarsi attraverso uno stato di forte aggressività, alterazioni motorie e calo di peso. Cambiamenti che derivano dall’accumularsi di prioni nel cervello e nel midollo spinale attraverso l’ingestione di carne bovina contaminata. Ma non solo.
Questa malattia fu riscontrata per la prima volta in Gran Bretagna nel 1985, mentre i primi casi umani sono comparsi, sempre oltremanica, nel 1994. Oltre all’ingestione, per il contagio deve sussistere anche una determinata predisposizione genetica. A livello statistico è stato stabilito che circa il 62% della popolazione mondiale sarebbe immune dal contagio.
Un caso similare è stato riscontrato qualche settimana fa a Reggio Emilia. Solo l’esame autoptico potrà definitivamente scacciare ogni dubbio, dato che il prelievo di midollo spinale non è stato in grado di mostrarsi risolutivo in tal senso.
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Fonte: Il Tempo