La ricerca è in moto continuo per combattere la disabilità. Ed uno dei campi sui quali gli scienziati si soffermano di più è quello della neurofisiologia. Il fine ultimo è quello di esplorare il cervello per capire quando un farmaco funziona, quando il nostro encefalo risponde alle cure. Ma soprattutto attraverso il pensiero, attraverso l’attività cerebrale trovare un modo di abbattere le disabilità fisiche e cognitive.
Immaginate di poter gestire con il semplice pensiero elettrodomestici di diverso genere: la qualità di vita delle persone affette da disabilità fisica migliorerebbe notevolmente. Ancor di più se fossero in grado con il solo pensiero di utilizzare dei robot come supporto.
Sembrano semplici concetti futuristi, ma in realtà su molte di queste “tecnologie” i ricercatori sono già al lavoro. E se ne parlerà proprio da oggi presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica, per il XIV Congresso della Società Europea di Neurofisiologia Clinica.
All’interno di questo incontro, che tra i vari appuntamenti perdurerà fino al prossimo 25 giugno si parlerà della neurobotica e delle macchine create per essere guidate con il pensiero, ma soprattutto su affronterà il tema della stimolazione cerebrale come terapia per poter ottenere dei miglioramenti relativi alla disabilità derivante da malattie come distrofia muscolare, sclerosi multipla, e ed ictus.
Le tecniche di stimolazione cranica attualmente in uso, soprattutto in via sperimentale sono tre: la Deep brain Stimulation, utilizzata nei casi più gravi di Morbo di Parkinson per limitarne i sintomi, la Stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) e la Stimolazione a corrente continua (TDCS).
La prima è sicuramente quella più invasiva, e consiste nell’apposizione di elettrodi cerebrali profondi. Le altre due, decisamente meno invasive, hanno dimostrato la loro efficacia in diversi campi. La stimolazione magnetica transcranica, che consiste nell’esporre ad un campo magnetico la corteccia cerebrale, è molto utilizzata in via sperimentale ed ha dimostrato la sua efficacia anche nei casi di depressione. In Israele ed in Canada è correntemente utilizzata come intervento di routine. Studi preliminari hanno fatto registrare una certa efficacia anche per le malattie debilitanti sopracitate, ma in quel caso vi è ancora della strada da percorrere. Soprattutto perché per via della sua ripetitività è necessario che la terapia sia somministrata da personale specializzato onde evitare crisi epilettiche.
Anche la stimolazione a corrente continua, nel corso dei trial clinici si è dimostrata efficace. Soprattutto, dato il suo funzionamento molto meno complesso, può essere utilizzata dai pazienti anche a casa, stimolando ad ogni modo efficacemente l’attività neuronale.
La speranza dei ricercatori è quella di trovare un protocollo comune per la messa a punto di nuove terapie e macchine in grado di abbattere tutti quei problemi neuronali fonti di disabilità.
Articoli Correlati:
Disabilità grave, quando manca l’assistenza necessaria
Disabilità, per le donne gli ostacoli raddoppiano