E’ in arrivo una nuova terapia biologica per l’artrite reumatoide: si tratta di un anticorpo monoclonale particolarmente efficace. Il golimumab (questo il suo nome) infatti è indicato per ben tre diverse malattie reumatiche: l’artrite reumatoide, la spondilite anchilosante e l’artrite psorisiaca. Cinque diversi studi scientifici ne hanno testato la validità, la sicurezza e soprattutto la semplicità di somministrazione: attraverso un iniettore predosato e appositamente creato, basterebbe un’unica inoculazione sottocutanea al mese.
Un passo avanti molto importante nella cura di queste patologie: troppo spesso infatti la complessità dei piani terapeutici induce il paziente ad abbandonare le cure. Il nuovo farmaco è stato presentato a Roma nell’incontro stampa promosso dalla Schering-Ploug “Malattie reumatiche: verso una terapia dal volto umano”. Ricordiamo che queste patologie colpiscono il 10% degli italiani e rappresentano la seconda causa di invalidità dopo le malattie cardiocircolatorie, ma hanno il primato tra le patologie cronico degenerative.
Il 40% dei pazienti è costretto addirittura a cambiare o abbandonare il lavoro. Oggi le nuove terapie se effettuate precocemente possono rallentare il decorso clinico delle malattie reumatiche. Da qui il ruolo decisivo di una diagnosi precoce: se i dolori articolari superano i tre mesi consecutivi è opportuno rivolgersi ad uno specialista.
L’artrite reumatoide, addirittura, se diagnosticata entro le 12 settimane dalla sua insorgenza, può addirittura essere bloccata. Nel corso della conferenza sono state evidenziate anche altre particolarità: questa patologia degenerativa, non è tipica dell’invecchiamento, anzi: colpisce soprattutto le donne in età fertile (25-50 anni). Da qui si evincono una serie di complicanze anche di ordine psico-sociale:
“La qualità della vita di questi pazienti è particolarmente compromessa. Spesso perdono opportunità di carriera, sono costretti a compromessi lavorativi e a ridimensionare i loro progetti di vita – ha spiegato il prof. Giovanni Minisola, primario della Divisione di Reumatologia dell’Ospedale San Camillo di Roma – inoltre, vedono violato il diritto di privacy sulle proprie condizioni fisiche, non potendo nascondere il proprio stato di salute poiché il paziente reumatico porta sul corpo i segni della malattia”.
[Fonte: Il Tempo]