Il diabete è una malattia diffusissima. Si stima che al mondo ne soffrano circa 246 milioni di persone, che diventeranno con grande probabilità 380 milioni entro i prossimi 15 anni. Cifre da capogiro, soprattutto se si considera che il 90% di queste persone è affetta dal cosiddetto diabete di tipo 2, una volta considerato (erroneamente) il diabete dell’età adulta.
In effetti colpisce essenzialmente persone in sovrappeso che hanno superato i 40 anni e spesso questo accade senza dare una sintomatologia precisa. Pericolose sono dunque le conseguenze, che a volte arrivano all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno. In particolare le persone affette da diabete hanno un rischio doppio di essere colpiti da infarto o ictus rispetto alla popolazione normale.
Grazie ad uno studio coordinato dal Dott. Roberto Puca, ricercatore dell’Universià Cattolica di Roma, sarà presto possibile individuare attraverso un test genetico, con un anticipo di anche 6 anni, l’ictus ischemico nei pazienti affetti dal diabete di tipo 2.
La ricerca è stata pubblicata pochi giorni fa sulla più importante pubblicazione internazionale sul tema: Diabetes (che è anche la rivista ufficiale dell’American Diabetes Association). E’ frutto della collaborazione con l’equipe del Prof. Colin Palmer, “Chair of Pharmacogenomics, dell’University of Dundee in Scozia.
Da circa un ventennio, dal 1992 per essere precisi, vengono seguiti dal punto di vista clinico ben 2100 pazienti, con lo scopo di valutarne i rischi cardiovascolari (progetto Go-Darts). Nell’arco di 6 anni il 7 % di queste persone è stato colpito da un ictus ischemico.
Analizzando il loro Dna sono state evidenziate 5 caratteristiche genetiche dominanti (che gli studiosi definiscono come “geni infiammatori”), ovvero dei punti in comune tra tutti loro, un nuovo profilo genetico predisponente. Questa è stata la scoperta determinante. Perché?
Avere anche solo 4 di questi geni significa rischiare un attacco 10 volte di più rispetto a chi non li ha!
“Quindi, un’analisi genetica che individua queste caratteristiche può indirizzare ad una terapia migliore, più aggressiva dal punto di vista delle terapie di prevenzione cardiovascolare,-spiega il Dott. Puca- oltre che a uno screening diagnostico più intenso, quale, per esempio, l’esecuzione di eco-doppler delle arterie carotidi a intervalli di tempo più ravvicinati. Inoltre, dato che questo profilo genetico è costituito da variazioni di geni infiammatori, è anche possibile ipotizzare che questi individui possano trarre beneficio da un terapia anti-infiammatoria cronica”.
Non solo. Insieme ai principali studiosi di ictus in tutto il mondo, questo test genetico sarà testato anche sulla popolazione generale (non affetta da diabete), in vari paesi e anche in relazione ad altri eventi cardiovascolari. Un’impresa ardua, ma fondamentale, che verrà coordinata dallo stesso Puca. Anche in Italia la ricerca funziona, siamo fieri di dirlo.
[Fonte: Università Cattolica]