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Occhio bionico: una speranza per i non vedenti

Si chiama Argus II, la nuova speranza per i non vedenti proveniente dal Regno Unito.
Si tratta di una telecamera che trasmette un segnale radio ad un minuscolo ricevitore e ad un dispositivo elettronico inserito a livello della retina.
I sedici elettrodi dell’apparecchio stimolerebbero i nervi superstiti della retina, facendo passare il segnale attraverso il nervo ottico e da qui al cervello, dove il segnale viene normalmente codificato in immagini.

La possibilità di creare un occhio artificiale non giunge inaspettata, dal momento che le sperimentazioni iniziarono già qualche anno fa, quando nel 2005, all’Università di Stanford negli Stati Uniti, si testò sui topi il rivoluzionario microchip visivo impiantato su speciali occhiali, che catturavano le immagini e le inviavano a un computer portatile, da cui poi passavano codificate alla retina attraverso gli infrarossi.

Da allora la ricerca sulle tecnologie per ripristinare la vista ha fatto molti passi in avanti, ed oggi si torna a parlare di occhio bionico perchè per la prima volta è stato impiantato su due pazienti non vedenti in Gran Bretagna.
Per il momento non si tratta di persone affette da cecità sin dalla nascita, bensì di due ammalati di retinite pigmentosa, una malattia ereditaria che colpisce la retina.

I due straordinari interventi sono stati realizzati al Moorfield Eye Hospital di Londra. I dispositivi sperimentali sono invece opera della Second Sight, società americana impegnata in questo progetto da molti anni.
Per il momento si cerca di restituire una visione parziale, distinguendo i contorni di luci ed ombre, ai due pazienti non vedenti, ma l’obiettivo futuro è di perfezionare la tecnologia dell’occhio artificiale, per ripristinare una capacità visiva integrale.

Per i malati di retinite pigmentosa, quella delll’occhio bionico rimane, accanto alla ricerca sulle staminali, l’unica speranza per ritornare a vedere.
Mentre le due pazienti inglesi sembrano reagire bene all’occhio bionico, i ricercatori pensano già al modo di potenziarne la qualità, aggiungendo un maggior numero di elettrodi al dispositivo, e permettendo così una maggiore definizione delle immagini.
Sono già in corso sperimentazioni in questa direzione e si potrebbe presto passare dai sedici elettrodi dei dispositivi attuali, ai sessanta, fino ad arrivare a mille.
Un nuovo piccolo miracolo della scienza, che fa sperare in futuri campi di applicazione anche per le patologie visive più gravi.