Finalmente, il prossimo novembre, il tanto contestato “Metodo Zamboni” per la cura della Sclerosi multipla potrà finalmente contare sull’inizio di una sperimentazione clinica tutta italiana. Dal mese prossimo, presso l’azienda ospedaliera S. Anna di Ferrara e l’ ospedale Bellaria di Bologna potranno essere trattati i primi pazienti nell’ambito di uno studio dedicato a tale tecnica.
La ricerca sarà chiamata a verificare l’esistenza del legame tra l’insufficienza venosa cronica cerebro-spinale, la CCSVI (individuata e spiegata dal prof. Paolo Zamboni, n.d.r.) e la sclerosi multipla. Dopo che anche in Canada, per volere dei pazienti che avevano sentito parlare di questa tipologia in intervento, si è partiti con una sperimentazione scientifica, anche in Italia, patria della scoperta, è stato possibile partire con uno studio ufficiale.
La ricerca, Brave Dreams (Sogni coraggiosi) sarà realizzata in doppio cieco, ottenendo quindi una alta affidabilità scientifica. L’attenzione è alta: i risultati sono attesi da migliaia di persone in italia, circa 60mila e ben 1,3 milioni nel resto del mondo.
La sperimentazione riguarderà nello specifico 650 persone, chiamate ad essere la base del trial clinico, dai quali si estrapoleranno poi le 120 persone che effettivamente parteciperanno alla prima fase dello studio. La ricerca è stata promossa dalla Regione Emilia Romagna ed è finanziata dai fondi dell’ente regionale per in totale di 180mila euro, dalla Fondazione Hilarescere con 200mila euro) e con donazioni di privati dei quali non si ha attualmente notizia dell’ammontare della partecipazione economica. Tra di loro vi è l’associazione “Ccsvi nella Sm”, Gisella Pandolfo della quale Nicoletta Mantovani, forte sostenitrice del metodo Zamboni è presidente Onorario.
Fino ad ora per lo studio sono stati raccolti oltre cinquecentomila euro. Che potrebbero necessitare di dover essere quadruplicati, data la necessità di spendere, per eseguire tutti gli interventi necessari, almeno 2 milioni di euro. A dare una mano potrebbe presto arrivare il supporto dell’Aism, associazione italiana sclerosi multipla, che potrebbe cofinanziare in maniera sentita il progetto.
Commenta il Prof Paolo Zamboni, padre della tecnica e dello studio che sta per partire:
E’ bello verificare che in un momento in cui in tutti i Paesi europei tende a ridursi l’impegno per la ricerca la gente contribuisca ad una raccolta fondi con questo obiettivo .Il protocollo scientifico messo a punto a Ferrara nel 2007 è già un punto di riferimento per il resto del mondo.
La sua speranza è quella di vedere al più presto l’impegno in prima linea dello stato italiano sull’assistenza ai pazienti se lo studio dovesse dare esito positivo.
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Fonte: La nuova Ferrara