Martedì saranno passati 11 anni esatti dall’attentato alle Torri Gemelle di New York. L’undici settembre non è stato solo un attacco terroristico che ha causato la morte di più di 3mila persone, ma una vera dannazione per la salute degli americani: a partire da coloro che sono sopravvissuti fino ad arrivare a coloro che hanno contribuito a soccorrere le persone. Cancro, malattie cardiologiche e mentali. Ed uno stress post traumatico che con gli anni aumenta invece che diminuire.
Sono numerosi gli studi condotti in tal senso dai ricercatori statunitensi e tutti, a partire dal 2002 fino ad arrivare ad oggi, dimostrano che non solo la sindrome da stress postraumatico è forte e continuamente presente in coloro che hanno vissuto l’attentato in prima linea, ma anche in coloro che al momento dell’attacco alle Torri si trovavano in altri stati. Sono stati la vulnerabilità ed il sentirsi esposti e contemporaneamente impotenti a causare questa sensazione di “insufficienza” nelle persone, portandole nelle migliori delle ipotesi a sviluppare degli stati di ansia molto forti. Nei casi più gravi la gente risulta affetta da attacchi di panico e particolari fobie, non presenti nella loro storia clinica prima dell’undici settembre. Problemi di concentrazione e di insonnia si sono rivelati all’ordine del giorno.
Il problema delle polveri rilasciate nell’aria dopo il crollo è ben conosciuto. E sebbene purtroppo in alcuni casi l’organizzazione della riforma sanitaria prima dell’ObamaCare ha lasciato combattere da sole alcune persone affette da cancro ai polmoni e fibrosi in seguito all’aria respirata dopo il crollo, le conseguenze fisiche dell’attentato possono contare comunque su un protocollo di cura specifico. Tutto questo non è possibile nel caso dei disturbi mentali scaturiti in seguito all’attacco.
E non solo perché si parla di patologie di diversa natura, ma perché la sindrome da stress post traumatico, sebbene controllabile con farmaci che agiscono sulla produzione della serotonina, crea problemi e sintomi che si differenziano da persona a persona, rendendo impossibile un intervento capillare e risolutivo. Con il risultato che la malattia sia più forte e soprattutto non riesca ad essere sradicata del tutto. Probabilmente ci vorranno ancora alcuni anni prima che l’America intera riesca a superare il trauma.
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