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Acidi grassi liberi: il nuovo mezzo di diffusione del cancro

Un enzima che aiuta a scomporre i grassi normalmente accumulati diventa molto attivo in alcune cellule tumorali e ne rende più probabile la diffusione. Ad affermarlo sono dei ricercatori dello Scripps Research Institute in California.

Quando l’enzima, chiamato monoacilglicerolo lipasi (MAGL), va in sovrapproduzione nelle cellule tumorali, rompe i grassi accumulati per produrre grandi quantità di acidi grassi liberi, che sono gli elementi costitutivi delle membrane cellulari e delle molecole di grasso, che fungono da segnali tra le cellule. Questi acidi grassi liberi poi producono a loro volta altre molecole più piccole che promuovono la crescita e la progressione del cancro.

La constatazione che i grassi immagazzinati nelle cellule tumorali possano causare l’aumento dell’aggressività, offre una possibile spiegazione per il collegamento segnalato tra obesità e cancro, spiegano i ricercatori. Secondo loro il MAGL può offrire un nuovo obiettivo per il trattamento delle forme aggressive di cancro o prevenire la progressione del cancro stesso.

Storicamente, la ricerca si è concentrata sui meccanismi che portano alla formazione del cancro, e le terapie si sono concentrate sul prelevare le cellule del cancro. Ma qui siamo alla ricerca di percorsi che ci conducano all’aggressività del cancro

osserva l’autore Benjamin Cravatt, presidente della Scripps Research Department of Chemical Physiology. Egli ha osservato che le persone che mangiano cibi ad alto contenuto di grassi immettono costantemente nel loro corpo acidi grassi liberi.

Abbiamo dimostrato che le cellule tumorali hanno percorsi propri per la produzione di acidi grassi liberi, che gli permettono di diventare più aggressivi. Cellule tumorali meno maligne non sembrano aver adottato un percorso autonomo per aumentare le loro proprie produzioni di acidi grassi liberi. Pertanto, tenendo gli acidi grassi nella dieta, potremmo aiutare queste cellule nello sviluppo di un fenotipo più maligno

ha concluso Cravatt. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Cell.

[Fonte: Health24]