La legge 194 sull’aborto, o meglio sull’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) quanto è praticata? Quali cifre per avere il punto della situazione e farsi un’idea più precisa su una normativa che ogni giorno crea polemiche e contrasti? Nei giorni scorsi il Ministro per la salute Ferruccio Fazio ha presentato al Parlamento la Relazione 2011 sull’applicazione della Legge 194/78 sui dati 2009/ 2010. Cosa ne emerge? Nel 2010 sono state portate a termine circa 115.372 IVG.
Si tratta di un dato provvisorio, ma comunque indicativo di una diminuzione del 2,7% rispetto ai 118.579 casi del 2009 (cifra definitiva). Il decremento raggiunge il 50,9% se il confronto avviene con i dati del 1982 quando storicamente si è registrato il numero più alto di aborti volontari (234.801 IVG). Il tasso di abortività (numero di interruzioni volontarie di gravidanza per 1.000 donne in età fertile) si attesta dunque sull’8,2 per 1.000, tra i più bassi dei paesi industrializzati. Nel 2009 però si è registrato un alto tasso di aborti tra le donne di cittadinanza straniera, che ha raggiunto il 33,4% (contro, il 10,1 del 1998!). Tra queste il 51,6% proveniva dai Paesi dell’Europa dell’Est.
Il tutto conferma il trend in diminuzione per le italiane rispetto al ricorso all’IVG nonché tassi particolarmente bassi riguardo alle situazioni particolari, come l’aborto da parte di minorenni, quelli ripetuti e dopo il novantesimo giorno di gravidanza. Non solo. Non ci sono ancora dati definitivi circa l’utilizzo del mifepristone per l’aborto farmacologico (pare saranno pronti solo nel 2012), ovvero la famosa pillola RU486, ma risulta chiaro che in Italia l’aborto non è visto come un “metodo contraccettivo”, cosa che invece sembra evincersi dai dati statistici che riguardano altri Paesi Europei. Dunque una volta tanto eccelliamo in qualcosa? Non solo in questo caso, direi, ma pare proprio che il numero degli aborti sia ricollegabile a diversi fattori. Si legge in una nota del Ministero della Salute relativa a tale documento:
“In generale, il tasso di abortività sembra collegarsi non soltanto ai classici fattori di prevenzione (educazione sessuale scolastica, educazione alla procreazione responsabile, diffusione dei metodi anticoncezionali, facilità di accesso alla contraccezione di emergenza), ma anche a fattori culturali più ampi”.
Forse anche alle difficoltà che riguardano proprio la contraccezione d’emergenza (ovvero la pillola del giorno dopo o quella dei 5 giorni dopo)? Chissà. Dai dati emerge comunque che i casi di obiettori medici non sembrano essere collegati alla diminuzione del numero di aborti nel nostro territorio. A qualunque conclusione conducano queste cifre sono convinta di una cosa. L’aborto non è mai una scelta facile per una donna, a qualunque età lascia una ferita indelebile nell’anima. Ma la scelta è una prerogativa prettamente femminile ed un Paese civile deve mettere le donne in condizione di valutare al meglio. Siamo allora sulla strada giusta?
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[Fonte: Ministero Salute]