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A trent’anni dalla legge 194 meno aborti e più coscienza


La gente pensa che prima della legge 194 in Italia non ci fossero aborti, invece se ne facevano moltissimi, ma clandestini.

Daniela Fantini è una ginecologa milanese, che lavora nei consultori da quando il 22 maggio 1978, trent’anni fa, fu approvatala legge 194 che legalizzò (entro dei limiti) l’interruzione volontaria di gravidanza. Racconta:

All’inizio vedevamo molte donne con l’utero devastato dagli interventi illegali. Si stima che nel 1978, l’anno in cui la 194 è entrata in vigore, gli aborti clandestini siano stati almeno 350mila. E una delle prime cause di morte per le donne. Oggi che sono legali, sono scesi a circa 130mila, assai meno della metà. I primi tempi, quando riempivo le schede delle pazienti riscontravo che avevano fatto 4, 5 o anche 7 aborti. Oggi sono rarissime quelle che ne fanno due.

Merito anche di una legge che ha funzionato e della maggiore consapevolezza sugli anticoncezionali. Spiega Daniela Fantini:

Fare un aborto illegale significava mettersi in mano ad uno sconosciuto, da sveglie e in preda alla paura, e poi andarsene senza che fosse cambiata la tua consapevolezza del gesto.

La legge 194 prevede invece un colloquio con un medico o uno psicologo prima dell’interruzione di gravidanza, per aiutarti a capirne le motivazioni e a chi chiedere aiuto in caso di necessità materiali. Proprio quello del bisogno economico è uno dei temi caldi della polemica sull’aborto. Ci insiste soprattutto chi è contrario.

Da circa due anni, in effetti, sono tornate le donne che abortiscono perché sono precarie, senza casa o con il mutuo da pagare. Prima erano sparite. Ma si sbaglia a pensare che questo sia l’unico motivo. Più spesso le donne abortiscono perché in quel momento le loro relazioni o scelte di vita non le mettono in condizione di fare un figlio.

Abortire significa considerare il figlio e sapere che non gli si può assicurare quello di cui avrebbe bisogno. E’ una questione di scegliere il male minore. Donne e uomini dovrebbero pensarci prima.