L’alcol è peggio dell’eroina e delle altre droghe: è il risultato di una ricerca pubblicata nei giorni scorsi sulla prestigiosa rivista internazionale The Lancet. Lo studio, realizzato dal prof. David Nutt, aveva come scopo l’individuazione delle sostanze con maggiore rischio sociale. Alcuni scienziati italiani hanno però contestato tali risultati. Le posizioni sono ovviamente tutte libere e degne di nota e anche noi di Medicinalive abbiamo riportato tali considerazioni, pur non condividendo in tutto il messaggio mediatico che ne è scaturito. Abbiamo così preferito chiedere l’opinione del maggior esperto italiano: il prof. Emanuele Scafato Presidente della Società Italiana di Alcologia.
“Nutt aveva già pubblicato una ricerca scientifica sui danni dell’alcol per la salute dell’individuo che ne abusa. In questo caso, si riferisce esclusivamente ad una valutazione sociale: quale sostanza ha il peggior impatto sulla società? L’alcool. Lo sanno tutti da anni e lo affermano anche i documenti pubblicati dall’OMS. Nutt ha solo elaborato con corretta metodologia scientifica tutte le statistiche e le ricerche riguardanti l’alcool e le droghe in relazione ai rischi per il sociale.
Basta leggere la pubblicazione per capire e basta riflettere sui fenomeni di violenza: abusi sessuali, maltrattamenti in famiglia, sui minori, matrimoni falliti, criminalità, bullismo, Hulliganismo. A questi fatti si riferiva l’indagine di Nutt: dietro a tutto ciò c’è essenzialmente l’alcol, molto più che l’eroina. Lo studio pubblicato sul Lancet ha dimostrato con una tecnica metodologica perfetta questa evidenza. Non mi risulta che esistano pubblicazioni scientifiche di tale livello che dicono il contrario”.
Nelle dichiarazioni dei suoi colleghi ci sono due affermazioni che meritano un’attenzione particolare: “non si parla di dosi” e “non può essere considerato un tossicomane chi beve una birretta in casa tra amici!” come valutare queste parole?
“Nella comunità scientifica le opinioni altrui si rispettano sempre anche se non si condividono. Come ricercatore sono abituato a separare sempre i fatti dalle opinioni e a usare tutte le opportunità che la scienza offre per esporre le ragioni di una eventuale disapprovazione riguardo ai metodi, ai risultati di un contributo scientifico, argomentando sempre con tecniche e metodologie valide la mia posizione su quella che ritengo un’ “assurdità” ; se, tuttavia , non trovo nulla di formalizzato allora devo ritenere che quelle espresse siano opinioni personali, in questo caso scientificamente discutibili. L’approccio epidemiologico di popolazione è una competenza tecnicamente più complessa e comunque differente rispetto a quello clinica.
Nutt in questo caso si è occupato di un qualcosa che va oltre la clinica, ha analizzato i risvolti sociali che ha il bere. Inoltre chi ha una responsabilità pubblica sulla salute dei cittadini, non può affermare semplicemente che un bicchiere di vino rosso al giorno fa bene al cuore. Deve specificare che questo dato può avere valenza scientifica, ma che alle stesse dosi, si aggiungono i rischi per ben 60 patologie: primo fra tutti ad esempio per la donna il tumore al seno. L’alcol è una sostanza psicoattiva, cancerogena e che porta dipendenza. Noi scienziati siamo tenuti a dare un’informazione completa.
La stessa OMS afferma che non esiste un livello minimo di consumo in sicurezza riguardo all’alcol. Il cittadino deve essere informato correttamente, solo dopo potrà scegliere il proprio modello del bere auspicabilmente moderato, ai pasti e quando non si espone se stessi o gli altri ad un rischio per la salute e la sicurezza”.
In un documento scientifico pubblicato dall’ISS lei ha parlato anche di alcol come “droga ponte”, cosa significa?
“Che è la prima “sostanza” che i giovani utilizzano per sballarsi, perché economica e di facile reperibilità. E già qui c’è un grande impatto sociale, per non parlare poi del fatto che l’alcol non ha età: è assunto indifferentemente dall’adolescente come dall’anziano. L’obiettivo dello studio di Nutt era solo dimostrare il suo impatto sui costi sociali e di salute pubblica, per poter meglio reindirizzare i percorsi di prevenzione!”
Chiaro e condivisibile, non trovate?