I farmaci dopaminoagonisti per il Parkinson inducono al gioco d’azzardo, ed ora è stato scoperto cosa accade nel cervello di chi subisce questo assurdo effetto collaterale che ha distrutto economicamente tante famiglie in silenzio. Anzi, forse molti ancora non lo sanno, perché il giocatore compulsivo riesce a mantenere a lungo il segreto e nessun medico evidenzia questo aspetto al momento della prescrizione della terapia. Forse oggi qualcuno, ma soprattutto non lo si faceva fino a qualche anno fa.
Il farmaco incriminato per eccellenza è il pramipexolo e gli effetti sarebbero stai noti già dal 1990. Solo nel 2005 l’Unione Europea però ha chiesto che tale effetto collaterale fosse segnalato nei foglietti illustrativi dei farmaci. Ma non sarebbe stata necessaria anche una campagna informativa da parte dei medici e delle autorità sanitarie? Il gioco d’azzardo è difficile da comprendere e da segnalare al farmacista, quale effetto eventuale non presente nella lista, non credete? E poi cosa significa, che basta scriverlo per scaricarsi dalle responsabilità? Legalmente pare di sì.
Il fatto è venuto alla luce poco tempo fa solo quando un paziente, un uomo di 70 anni, ha sporto denuncia contro la casa farmaceutica e la Asl per istigazione al gioco d’azzardo: aveva dilapidato 300.000 euro ai videopoker e prima della terapia non aveva mai giocato o scommesso su nulla. Ne hanno parlato i telegiornali ed allora anche noi comuni mortali abbiamo scoperto questo aspetto inquietante del farmaco per la terapia del parkinson. Medicinale che anche mio padre assumeva da tempo senza che nessuno gli avesse mai segnalato il rischio.
Non stiamo parlando di un effetto collaterale che fa venire un’irritazione cutanea o diarrea, ma di un’altra malattia, subdola, che distrugge emotivamente e psicologicamente un paziente già provato da un danno neurologico, insieme alla sua famiglia, se e quando lo scopre, perché si trova sul lastrico. Ed ecco poi che madri, figlie, mariti, si ritrovano a prendersi cura di chi gli ha tolto anche un tetto da sopra la testa perché lo ha giocato al videopoker, a causa di una medicina che l’avrebbe dovuto far stare meglio. E’ difficile da comprendere cosa si prova se non lo si vive.
Alcune statistiche parlano di un 8% di persone affette da Parkinson che sviluppano, in terapia con tali medicinali, il gioco d’azzardo come effetto collaterale. Raro giustificano gli esperti, ma io non direi: su 250.000 malati in Italia, stiamo parlando di 20.000 persone con altrettante famiglie. E ho modo di credere che l’8% sia una cifra adeguatamente sottostimata, vista la peculiarità dell’effetto.
Uno studio scientifico appena pubblicato sulla rivista internazionale Movement Disorders e condotto da alcuni scienziati italiani ha anche trovato il meccanismo che potrebbe portare alla comparsa di questa complicanza. In particolare è stato analizzato il nucleo subtalamico (una parte del cervello coinvolta nei processi decisionali ed emotivi) di alcune persone in terapia per il Parkinson: 58 che hanno sviluppato gioco d’azzardo compulsivo e 59 no. Nei primi è risultato, grazie all’utilizzo di alcuni elettrodi, un’iperattività di quest’area cerebrale in prossimità dello stimolo conflittuale del gioco d’azzardo, cosa che non si è manifestata nel secondo gruppo. I risultati di questo studio sono importanti sotto molti punti di vista: perché spiegano i meccanismi neurologici scatenanti e quindi possono indicare la strada per eliminare questi effetti collaterali, perché possono essere collegati ad altri atteggiamneti compulsivi e perché in qualche modo offrono una conoscenza maggiore di cosa accade nel cervello.
Certo è che domani si celebra la giornata mondiale sulla malattia di Parkinson e l’occasione per me è quella di ricordare quanto questa malattia sia invalidante e quanto pericolosi siano gli effetti collaterali dei farmaci in questione: parlatene col vostro medico e soprattutto verificate anche le vostre finanze di famiglia: del resto i videopoker sono dietro l’angolo di ogni casa.
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