Nonostante la gravità della malattia e l’intensità del trattamento, alcuni pazienti in Australia e Nuova Zelanda affetti da insufficienza respiratoria che avevano contratto l’influenza A H1N1, e sono stati trattati con un sistema che aggiunge ossigeno al sangue del paziente, sono sopravvissuti alla malattia. L’influenza suina si sa che per le persone sane non è molto pericolosa, ma può diventare mortale in pazienti che hanno sviluppato sindrome acuta da distress respiratorio (ARDS), o altre malattie respiratorie croniche. Secondo un nuovo metodo di terapia sperimentale, curando il malato con l’ossigenazione extracorporea (ECMO), questo ha maggiori possibilità di guarigione.
ARDS è una malattia polmonare che porta ad insufficienza respiratoria dovuta al rapido accumulo di liquido nei polmoni. ECMO è un tipo di supporto vitale che circola nel sangue attraverso un sistema che aggiunge ossigeno. Tale terapia è stata utilizzata nei pazienti di questo studio, perché hanno sviluppato livelli molto bassi di ossigeno nel sangue rapidamente, nonostante i respiratori standard che gli erano stati applicati. La tecnica dell’ECMO viene generalmente utilizzata per un tempo limitato a causa dei rischi di sanguinamento, coagulazione, infezione, e insufficienza dell’organo.
Lo studio ha rilevato che 68 pazienti con influenza grave associata a ARDS sono stati curati con l’ossigenazione extracorporea. 53 di essi erano affetti da influenza A. Altri 133 pazienti con influenza A hanno ricevuto la ventilazione meccanica, ma non l’ECMO, nella stessa unità di terapia intensiva. I 68 pazienti che hanno ricevuto l’ECMO avevano un’età media di 34,4 anni ed erano uomini.
I pazienti adulti sono stati spesso giovani, donne in stato di gravidanza o dopo il parto, obesi, chi aveva una grave insufficienza respiratoria, i quali hanno ricevuto una prolungata ventilazione meccanica e il supporto ECMO
scrivono gli autori. La durata media della terapia ECMO è stata dieci giorni. Al momento della segnalazione, 54 dei 68 pazienti erano sopravvissuti e 14 (il 21%) era deceduto. Sei pazienti erano ancora in terapia intensiva, 16 erano ancora ricoverati in ospedale, ma fuori dalla terapia intensiva, e 32 erano stati dimessi dall’ospedale. Gli autori sono giunti a questa conclusione:
Nonostante la severità della malattia e l’uso prolungato per tenerli in vita, la maggior parte di questi pazienti sono sopravvissuti. Questa informazione dovrebbe agevolare la programmazione sanitaria e la gestione clinica di questi pazienti complessi durante la pandemia in corso.
[Fonte: Sciencedaily]