D’ avanti alla tisi fatale per Violetta e Mimì, i cantanti lirici dovrebbero tirare un sospiro di sollievo. La loro “malattia professionale” ha un altro nome e, fortunatamente, tutt’altra prognosi rispetto alla patologia “principe” dei loro personaggi: si chiama reflusso gastroesofageo, e consiste nella risalita del contenuto gastrico verso l’esofago, che provoca un’infiammazione molto fastidiosa, con il rischio dilaringiti e danni alle corde vocali.
A scoprire che i sintomi del reflusso affliggono i cantanti d’opera in misura quasi doppia rispetto alla popolazione generale è stata una ricerca pubblicata sul numero di marzo della rivista Gastroenterology e coordinata da Giovanni Cammarota, ricercatore dell ‘Istituto di Medicina interna dell’Università Cattolica di Roma, diretto da Giovanni Gasbarrini.
Cammarota si occupa da tempo di questo disturbo.
Cammarota si occupa da tempo di questo disturbo.
“Nel corso degli anni – racconta –abbiamo incontrato molti casi di cantanti d’opera che soffrivano di reflusso. Basandoci su questa osservazione clinica, abbiamo pensato che non fosse solo un caso“. L’ipotesi di partenza dello studio è infatti che i cantanti lirici possano essere più suscettibili alla malattia per la prolungata sollecitazione del diaframma (l’eccessiva pressione addominale sullo sfintere esofageo è una delle cause del reflusso).
Con l’aiuto di colleghi residenti in nove città che ospitano teatri dell’Opera (Ferrara, Firenze, Foggia, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Roma, Sassari, Venezia), i ricercatori della Cattolica hanno quindi somministrato un test a 351 cantanti professionisti (157 uomini e 194 donne) e ad un campione di controllo di 578 soggetti negli stessi territori. E l’ipotesi originaria è stata confermata: la frequenza con cui i cantanti soffrono dei due sintomi più comuni del reflusso (pirosi – il “bruciore di stomaco” – e rigurgito) è quasi doppia rispetto a quella della popolazione. Tra chi calca le scene dei teatri lirici, è più elevata anche la prevalenza di altri sintomi associati al reflusso: nausea, disfagia (difficoltà a deglutire cibi solidi), raucedine, tosse.
“In realtà non era possibile osservare direttamente la malattia sui nostri cantanti“, spiega Cammarota. “Per farlo ci sarebbe voluto un esame chiamato pH-metria, che studia l’acidità dell’esofago per 24 ore. Ed in questo caso non era possibile effettuarlo. Perciò abbiamo utilizzato questionari validati: questionari, cioè, in cui le domande sono standardizzate a livello internazionale per evitare ambiguità. E per stabilire che si è in presenza della malattia i sintomi devono aver superato una certa soglia di frequenza (più di due volte a settimana)“.
Se i risultati saranno confermati anche da altre ricerche, il reflusso gastroesofageo potrebbe essere riconosciuto a tutti gli effetti come una malattia professionale. Con tutte le conseguenze legali e sanitarie che ne derivano. “Il reflusso gastroesofageo è una malattia fastidiosa“, ricorda ancora Cammarota. “Può influire negativamente sulla qualità della vita. Ma per questi lavoratori le conseguenze potrebbero essere più serie: il reflusso può provocare infatti anche laringiti e danni alle corde vocali. E quando la situazione si aggrava, molti cantanti potrebbero addirittura essere costretti a interrompere la propria attività“.