Responsabili di un numero indescrivibile di menomazioni, condannate dall’opinione pubblica internazionale, finalmente le bombe a grappolo, anche note come “cluster bombs”, sono state messe al bando dalla comunità internazionale.
Tante le organizzazioni mondiali che si sono battute alacremente per raggiungere questo traguardo. Prima fra tutte l’Unicef che ha fatto di questo fronte il proprio cavallo di battaglia a sostegno del 98% di civili, vittime della potenza di questi ordigni. Una percentuale particolarmente importante in cui si registra quasi 1/3 di bambini e adolescenti tra i soggetti colpiti.
Armi pericolosissime costituite da un recipiente contenente munizioni che quando non esplodono si trasformano in vere e proprie mine anti-uomo.
Perdita di arti, di vista e udito a cui si aggiungono le gravi menomazioni psichiche che coinvolgono chi viene colpito dal fenomeno. Non solo handicap individuale, ma anche grave disabilità sociale, se solo si pensa che queste menomazioni sono responsabili della perdita di forza lavoro di intere comunità con grave compromissione dei mezzi di sostentamento di intere famiglie.
E la neosottoscritta convenzione di Dublino tra ben più di cento nazioni si deve all’importante cambio di rotta della Gran Bretagna, dubbiosa fino all’ultimo sulla moratoria internazionale.
Il documento descrive nei minimi particolari tutte le caratteristiche di una “cluster bomb” e definisce il divieto assoluto di produzione, vendita e utilizzo delle bombe a grappolo, stabilendo anche la completa distruzione degli arsenali a disposizione di tutti gli Stati firmatari entro un tempo massimo di otto anni.
Ma a tutto questo si aggiunge un importante traguardo che ha fatto esultare le organizzazioni internazionali. Gli Stati firmatari si impegnano infatti anche a bonificare le aree considerate “a rischio” e si impegnano ad assistere le vittime.
Un grande trionfo, il trionfo della pace e della civiltà nell’era della globalizzazione e della cooperazione internazionale.