La legge prevede che la lavoratrice deve astenersi obbligatoriamente dal lavoro nei tre mesi successivi al parto oppure, se ha fruito del congedo di un solo mese prima del parto, nei quattro mesi successivi. In caso di parto prematuro, la lavoratrice potrà recuperare i giorni di congedo non goduti a causa dell’anticipazione dell’evento aggiungendoli al periodo di congedo dopo il parto. Se il figlio nato prematuro ha necessità di un periodo di degenza presso una struttura ospedaliera, pubblica o privata, la madre ha diritto alla sospensione temporanea del congedo di maternità. In questo caso il congedo obbligatorio post partum, comprensivo del residuo periodo ante partum non goduto, andrà a decorrere dalla data dell’effettivo rientro a casa del figlio.
Durante il periodo di sospensione temporanea del congedo di maternità la lavoratrice può fruire dei riposi giornalieri per allattamento. Il congedo di maternità è calcolato utile a tutti gli effetti ai fini dell’anzianità di servizio, delle ferie e della tredicesima mensilità e ai fini previdenziali (pensione e trf o Inps). Viene considerato attività lavorativa ai fini della progressione di carriera. Per tutto il periodo del congedo obbligatorio, la lavoratrice ha diritto all’intera retribuzione nel settore pubblico e all’80% nel settore privato, nonché alla tredicesima mensilità. Per usufruire del diritto al congedo obbligatorio la lavoratrice deve presentare, al proprio datore di lavoro entro quindici giorni dall’evento, la domanda, allegando il certificato di nascita del figlio. In caso di dipendenza privata la domanda e il certificato di nascita vanno inoltrati anche all’Ines.
Quando la madre non può prendersi cura del neonato, il diritto al congedo obbligatorio per i primi tre mesi dopo il parto può essere fruito dal padre lavoratore, indipendentemente dalla circostanza che la madre sia o non sia lavoratrice dipendente. Il diritto al congedo obbligatorio post partum spetta al padre lavoratore, nei casi di morte della madre, di grave infermità della madre, di affidamento del bambino al solo padre, di abbandono del bambino da parte della madre. Anche in questo caso l’astensione obbligatoria è calcolata a tutti gli effetti ai fini dell’anzianità di servizio, delle ferie e della tredicesima mensilità e ai fini previdenziali (pensione e trf o lnps) ed è considerata attività lavorativa ai fini della progressione di carriera.
Per il periodo dell’astensione obbligatoria, il padrelavoratore ha diritto all’intera retribuzione se è un pubblico dipendente oppure all’ 80% se appartiene al settore privato.
Per fruire dell’astensione obbligatoria, il padre lavoratore deve presentare la specifica domanda al datore di lavoro (in caso di dipendenza privata anche all’Inps) corredata: in caso di grave malattia della madre, dal certificato rilasciato da un medico appartenente ad una ASL attestante lo stato d’infermità e la conseguente impossibilità per la stessa di accudire il bambino; in caso di decesso della madre, dal certificato di morte; in caso di affidamento al solo padre, dalla copia del provvedimento dell’Autorità giudiziaria che ha disposto l’affidamento; in caso di abbandono, dalla dichiarazione sostitutiva di atto notorio.
In caso di adozione, di affidamento preadottivo o temporaneo la normativa offre ampia tutela ai genitori adottivi. Anche la lavoratrice che adotta un bambino oppure ottiene l’affidamento preadottivo o temporaneo, ha diritto all’astensione dal lavoro. Per la Finanziaria 2008 il congedo di maternità in caso di adozione di minore spetta ora per un periodo massimo di cinque mesi in caso di adozione nazionale durante i primi cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice, mentre in caso di adozione internazionale, il congedo può essere fruito anche prima dell’ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva.
Nel caso di affidamento di minore, è previsto che il congedo possa essere fruito entro cinque mesi dall’affidamento, ma per un periodo massimo di tre mesi. Il diritto al congedo può essere esercitato dal padre adottivo, quando la madre non può o non vuole astenersi dal lavoro nei primi tre mesi successivi all’effettivo ingresso del bambino in famiglia.
Ricordiamo che per i benefici di cui sopra l’interessato deve presentare al proprio datore di lavoro (in caso di dipendenza privata anche all’Inps) la domanda corredata dal certificato di nascita del bambino, la copia del provvedimento dell’Autorità giudiziaria che ha disposto l’adozione o l’affidamento, idonea documentazione attestante l’ingresso del bambino in famiglia (dichiarazione dell’Istituto pubblico o privato da cui proviene il bambino o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ai sensi dell’art. 4 della Legge n. 15/1968) e in caso di adozioni e affidamenti preadottivi internazionali certificazione da parte dell’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione; se è il padre a voler usufruire del congedo oltre ai documenti di cui sopra anche la dichiarazione della madre adottiva o affidataria che rinuncia ad esercitare il diritto per il periodo richiesto e l’atto notorio dal quale risulti l’avvenuta rinuncia della madre con l’indicazione del relativo periodo.