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Trapianto di rene da vivente: nuova tecnica utilizzata a Roma

Con un trapianto di rene, un papà ha restituito la vita alla sua bambina. E’ accaduto ieri mattina presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma: non è la prima volta che si effettua un intervento di questo tipo, ma la notizia è importante perché si tratta del primo trapianto di rene, in età pediatrica, da donatore vivente con la tecnica “hand-assisted” in Italia.

Si tratta di una procedura chirurgica che riguarda l’espianto, caratterizzata da una minima invasività. Il donatore rischia meno e sicuramente avrà un decorso post operatorio più breve e semplice. La salvaguardia della salute di chi offre un organo, sia un donatore samaritano o un parente (come già da tempo previsto dalla legge), rimane fondamentale.

Ma mentre in Italia sono stati fatti grandi passi avanti (mai troppi) nella cultura della donazione degli organi da cadavere, non si può dire lo stesso per le donazioni da vivente. Spesso sono fondamentali e più semplici: quale genitore non donerebbe un rene, una parte di fegato o del midollo al proprio figlio che non può più aspettare la lista d’attesa?

Non solo. Studi clinici recenti hanno dimostrato come in questi casi, l’organo ricevuto viva più a lungo e meglio di quelli prelevati da una persona deceduta. Altre ricerche hanno invece evidenziato come la qualità e l’aspettativa di vita di chi dona una parte di sé ad altri, di fatto non cambi.

L’Italia, è all’avanguardia per ciò che riguarda il trapianto da donatore non vivente, ma non c’è ancora un adeguata informazione e pratica riguardante casi come quello del Bambin Gesù.

Siamo agli ultimi posti della graduatoria in Europa (dati 2007): 1,7% contro il 13,4% di Regno Unito e Svezia, il 22% di Islanda e Paesi Bassi). Nel Nord-America, nel 1987 i trapianti renali pediatrici da donatore vivente rappresentavano il 43% del totale e sono arrivati al 60% nel 2000, con una tendenza a un ulteriore incremento.

Differenze decisamente troppo rilevanti. L’intervento, nell’ospedale romano è stato possibile grazie alla collaborazione con l’equipe medica della Mayo Clinic di Rochester, negli stati Uniti, e si inserisce in un progetto di studi internazionale finalizzato proprio all’incremento delle donazioni da vivente.

[Fonte: Ospedale Bambin Gesù]