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Presbiopia, cura con laser come per miopia in arrivo a breve

Novità interessanti provenienti da oltreoceano per chi soffre di presbiopia. A breve, proprio come si fa già da tempo per trattare la miopia, anche questo difetto visivo potrebbe essere curato grazie all’impiego del laser.
A dirlo sono tre diversi studi che prevedono altrettante tecniche presentati nell’ambito del meeting dell’American Academy of Ophthalmology e i cui risultati sono stati anticipati dal quotidiano britannico Daily Mail.

Vediamoli in breve. Stando alle informazioni riportate dal giornale inglese, il primo di questi studi, condotto da un’équipe di ricercatori dell’Università del Kansas, usa come tecnica per risolvere il problema della presbiopia, la pratica di una sorta di piccola tasca, all’interno della cornea, nella quale viene ad essere inserito un anello opaco con un piccolo foro al centro che consente il passaggio della luce. Così facendo, i ricercatori, che hanno effettuato i test su un campione di 153 volontari, sono riusciti a consentire alla luce di focalizzarsi sulla parte posteriore della retina, migliorando la visuale da vicino. Ricordiamo, a tal proposito, che la presbiopia è un difetto della vista che provoca difficoltà proprio a focalizzarsi sugli oggetti e  le immagini vicine.
I risultati della sperimentazione di questa tecnica, la cui invenzione si deve a Daniel Durrie, sono stati buoni e si sono mantenuti per almeno tre anni.

Il secondo studio che fa sperare in una soluzione per quanti soffrono di presbiopia è simile al primo ed è stato già sperimentato in Grecia, per la precisione all’ospedale di Creta. Questa tecnica prevede l’inserimento di due micro-lenti nella cornea che permettono di aumentare la nitidezza delle immagini percepite.

Infine, la terza soluzione, viene dall’università di Heidelberg in Germania, e più precisamente dalla tecnica messa a punto da Mike Holzer, grazie all’impiego del laser direttamente sulla cornea per rimodellarne la forma e risolvere il difetto. In questo caso, i risultati durano almeno due anni ed il rischio di infezione, assicurano i ricercatori, viene ridotto al minimo.

[Fonte: Agi Salute]