Gli anziani con bassi livelli di vitamina D sembrano avere più probabilità di subìre un declino mentale, nell’apprendimento e nella memoria, nell’arco di sei anni, rispetto a chi ha livelli normali, secondo un rapporto pubblicato sugli Archives of Internal Medicine. Si stima che tra il 40 ed il 100% degli anziani negli Stati Uniti e in Europa abbiano carenza di vitamina D, secondo l’articolo. Questa carenza è stata collegata a fratture, varie malattie croniche e alla morte.
La vitamina D può aiutare a prevenire la degenerazione del tessuto cerebrale ed ha un ruolo nella formazione del tessuto nervoso, mantenendo i livelli di calcio nel corpo stabili, compensando la proteina beta-amiloide, la sostanza che forma le placche e le circonvoluzioni del cervello associate al morbo di Alzheimer.
David J. Llewellyn, docente dell’Università di Exeter, in Inghilterra, e colleghi hanno valutato i livelli ematici della vitamina D in 858 adulti dai 65 anni in su a partire dal 1998. I partecipanti hanno completato le interviste e gli esami medici e hanno fornito campioni di sangue. All’inizio dello studio e di nuovo dopo tre e sei anni, hanno ripetuto le tre prove della funzione cognitiva, una valutazione cognitiva globale, che punta sull’attenzione e quella che pone maggiormente l’accento sulla funzione esecutiva, o la capacità di pianificare e organizzare le priorità.
I partecipanti che risultavano gravemente carenti di vitamina D (livelli ematici di 25-idrossivitamina D inferiori a 25 nanomoli per litro) avevano il 60% in più di probabilità di avere un sostanziale declino cognitivo in generale per tutto il periodo dei sei anni ed il 31% in più di probabilità di subìre un declino nel test di misurazione della funzione esecutiva rispetto a quelli con livelli sufficienti di vitamina D.
L’associazione è rimasta significativa dopo l’aggiustamento di una vasta gamma di potenziali fattori di confondimento, e quando le analisi sono state limitate ai soggetti anziani che non sono avevano problemi di demenza
spiegano gli autori. Tuttavia, nessuna associazione significativa è stata osservata nel test di misurazione dell’attenzione.
Se in futuro studi prospettici e controlli randomizzati confermeranno che la carenza di vitamina D è causalmente correlata al declino cognitivo, allora questa sarebbe un’importante apertura verso nuove possibilità di trattamento e prevenzione
concludono i ricercatori. La vitamina D è nota da molti anni per giocare un ruolo importante nella salute dello scheletro, tanto che i livelli molto bassi di questo ormone (meno di 20 nanomoli per litro) può causare osteomalacia, una malattia di mineralizzazione ossea ridotta. Inoltre molte ricerche stanno cercando di confermare che la mancanza di questa vitamina può rientrare anche nei fattori di rischio per una vasta gamma di malattie come il cancro, malattie vascolari, condizioni infettive, malattie autoimmuni, osteoporosi, diabete di tipo 2 e obesità.
[Fonte: Sciencedaily]