Le cose che normalmente sarebbero piacevoli per i ratti, non vengono effettuate nella maniera giusta, il che ci porta a credere che un deficit di sale ed il desiderio ad esso associato possono indurre ad uno dei principali sintomi associati alla depressione.
Questa la conclusione a cui è arrivato Johnson. Per ora i ricercatori non possono dire che si tratta di vera depressione perché i fattori che portano a tale diagnosi sono molteplici, ma una perdita di piacere nelle attività normalmente piacevoli è una delle caratteristiche più importanti della depressione psicologica. E l’idea che il sale sia un naturale “sollevatore di morale” potrebbe aiutare a spiegare il motivo per cui siamo così tentati dall’ingerirne troppo, anche se è noto che esso contribuisca agli elevati livelli di pressione arteriosa, malattie cardiache ed altri problemi di salute.
Precedenti ricerche hanno dimostrato che la media in tutto il mondo dell’assunzione di sale per ogni individuo è di circa 10 grammi al giorno, che è superiore a quella raccomandata (circa 4 grammi), e può superare quella di cui in realtà l’organismo ha bisogno (massimo 8 grammi).
L’evoluzione potrebbe avere svolto un ruolo importante nell’organismo umano nella ricerca di sale. L’uomo si è evoluto da creature che vivevano nell’acqua salata dell’oceano. Una volta a terra, il corpo ha continuato ad avere bisogno di cloruro di sodio e di sali minerali, perché svolgono un ruolo determinante nel consentire ai fluidi di passare dentro e fuori delle cellule, ed aiuta le cellule nervose a trasferire le informazioni in tutto il cervello e corpo. Ecco perché forse i nostri primi antenati seguivano una dieta ricca di vegetali.
La maggior parte dei nostri sistemi biologici richiedono il sodio per funzionare correttamente, ma se non hanno facile accesso ad essa, i nostri reni si evolvono per diventare delle miniere di sale.
Il comportamento così si è evoluto per svolgere un ruolo fondamentale, e cioè assicurare abbastanza sale nel corpo. Gli animali, come noi, sono dotati di un sistema del gusto progettato per rilevare il sale, ed un cervello che ricorda la posizione delle fonti di questa sostanza. Questo fa dedurre che nel cervello ci sia un meccanismo di piacere che si attiva quando il sale è consumato. Quindi, il corpo ha bisogno di sale e sa come trovarlo e conservarlo. Ma oggi gli scienziati stanno rilevando che spesso questo bisogno si tramuta in un abuso, quasi come per una droga. Un segno della dipendenza è che consumandone una quantità eccessiva, questa provoca danni. Molte persone hanno promesso di ridurre il sodio nella propria dieta a causa delle preoccupazioni per la salute, ma hanno difficoltà a farlo veramente.
Un altro aspetto di forte dipendenza è lo sviluppo di un intenso desiderio della droga, quando questa è negata. Gli esperimenti di Johnson indicano dei cambiamenti nel cervello simili alle attività che avvengono di fronte all’esposizione a sostanze stupefacenti per un tossicodipendente. Sale come antidepressivo quindi, ma con moderazione.
[Fonte: Sciencedaily]