Bulletti da piccoli, criminali da grandi. Equazione non matematica, ma possibile. Per questo, un esperto di Scotland Yard avanza una proposta choc: schedare il dna dei bambini delle scuole elementari, il cui comportamento indica che potrebbero diventare delinquenti da grandi. Secondo Gary Pugh, direttore di scienze forensi di Scotland Yard, bisogna poter identificare il prima possibile i delinquenti potenziali.
“I criminologi dicono che alcune persone commetteranno dei crimini, altre non lo faranno mai. Noi dobbiamo identificare quelli che rappresentano la maggiore minaccia per la società“, spiega Pugh. “Prima li individuiamo, meglio è: alla distanza i benefici per la collettività saranno notevoli“. Nella banca-dati del Regno Unito (la maggiore d’ Europa) ci sono i dati di 4,5 milioni di individui, ma la polizia ritiene che non sia sufficiente. Pugh ne è convinto: “II numero di delitti che rimangono insoluti indica che non abbiamo le tracce genetiche di un numero sufficiente di persone“.
Questa scoperta non è tuttavia una novità: già Galton e successivamente il nostro antropologo criminale Cesare Lombroso sostenevano che le condotte atipiche del delinquente o del genio sono condizionate, oltre che da componenti ambientali socioeconomiche (di cui non riconobbe però il vero peso), da fattori indipendenti dalla volontà, come l’ereditarietà e le malattie nervose, che diminuiscono la responsabilità del criminale in quanto questi è in primo luogo un malato.
L’analisi dei polimorfismi del DNA, negli ultimi anni, ha cambiato radicalmente l’investigazione scientifica diventando un mezzo di indagine potente ed efficace per identificare l’autore di un reato e da oggi anche i potenziali criminali.